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Silvio con la Fornero: "L'articolo 18 non sia un tabù"

Secondo l'ex premier bisogna prenderlo in considerazione per completare la riforma del mercato del lavoro

Nicoletta Orlandi Posti
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La modifica dell'articolo 18 può completare la riforma del mercato del lavoro. Non è un tabù e si fa bene e metterlo in discussione. È il pensiero che Silvio Berlusconi ha espresso in un'intervista all'agenzia di stampa spagnola Efe e nella quale ha ribadito che «Monti si trova nella posizione ideale per realizzare le riforme che il mio esecutivo aveva avviato senza poterle portare a termine, anche per la riluttanza dei partner della nostra coalizione». «Spero che riesca a rendere più flessibile il mercato del lavoro -ha aggiunto il presidente del Pdl, intervistato da Carmen Postigo- e a realizzare un'effettiva libertà di concorrenza per restituire competitività all'Italia. E potrà contare per le riforme sulla leale collaborazione del Pdl e mia personale». Uno di questi cambiamenti attesi è la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. «Se ne deve poter discutere. L'articolo 18 -ha sottolineato l'ex presidente del Consiglio- non può essere un tabù. A suo tempo noi proponemmo di modificarlo almeno per i nuovi assunti, ma la reazione, soprattutto dei sindacati, fu furibonda. Alla fine quest'idea è tornata. Produttività, crescita e occupazione, così come la fiducia dei mercati e degli investitori internazionali, dipendono in gran parte dalla riforma del nostro sistema di relazioni lavorative». Sul posto fisso - Berlusconi torna sulle affermazioni di Monti, quando definì monotono il posto fisso e che i giovani devono abituarsi a cambiare lavoro più volte nella vita. «Credo che Monti volesse dire che nel mondo di oggi, ancora più di ieri, l'obiettivo non può essere mai il posto di lavoro fisso, ma il lavoro in sè, perchè oltretutto una simile garanzia come si è visto non può essere assicurata». «Nessuno meglio di me può sposare questa tesi. Nelle mie aziende -ha concluso l'ex presidente del Consiglio- ho sempre valorizzato i giovani. Oggi in primo luogo i giovani devono adattarsi a un mondo globalizzato che cambia, e imparare a trarre vantaggio dalla mobilità e dalla flessibilità. Monti non voleva certo elogiare il precariato».

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