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Lavoro, tremano gli statali: "Licenziabli anche loro"

Patroni Griffi: esuberi anche nella pubblica amministrazione. Il premier va per la sua strada: la riforma si fa anche senza ok dei sindacati

Lucia Esposito
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Il governo tira dritto sulla riforma del lavoro. Con o senza l'accordo con le parti sociali. E l'orologio la dice lunga sulla determinazione dell'esecutivo. Sono le 11 e una manciata di minuti quando Mario Monti entra nel tempio della finanza italiana. E serve l'antipasto a sindacalisti e imprenditori che si incontreranno poco dopo le 12 a Roma: «Sia io sia il ministro Fornero», scandisce Mario Monti, «siamo molto fiduciosi che entro il termine che ci siamo dati di fine marzo potremo presentare al Parlamento un provvedimento con l'accordo delle parti sociali».  Poi quasi a lanciare un monito a chi sta con il freno a mano tirato avverte: «Lo presenteremo comunque, speriamo di presentarlo con l'accordo delle parti sociali». Alle 12.30 i sindacalisti entrano a via Veneto per il quarto incontro con il ministro del Welfare Elsa Fornero. Quella tagliola di marzo poco piace, soprattutto il diktat scandito e scolpito con la precisazione «...lo presenteremo comunque...». La Cgil, rappresentata al tavolo da Susanna Camusso cerca di spostare un po' oltre le scadenze. Il governo vorrebbe varare una riforma degli ammortizzatori (con l'introduzione dell'indennità di disoccupazione estesa a tutti cancellando la Cigs), entro il 2013. I mal di pancia dentro i partiti sono già stati esplicitati, e poi nella primavera di quell'anno si terranno le elezioni politiche (sempre che il governo tecnico non “salti” prima del semestre Bianco di Napolitano, novembre 2012). C'è la recessione (il Pil calerà quest'anno dell'1,5%), e di aziende in crisi è pieno il carnet. Toccare ora gli ammortizzatori - per di più senza quattrini per lanciare l'assegno di disoccupazione - vuol dire arrivare al governo e dover subito racimolare una decina di miliardi. L'impatto politico, insomma, sarebbe notevole. Di certo ieri si è appreso che il contestatissimo articolo 18 verrà esaminato nell'ennesima incontro già fissata per il 1 marzo. E il 23 ci si rivede per affinare il canovaccio senza cifre. Che il clima cominci a surriscaldarsi è certo. I sindacalisti non hanno gradito né la scadenza imposta né il tono professorale. «Manderemo un compito scritto...», ironizza Luigi Angeletti (Uil). Attacca direttamente Monti Raffaele Bonanni (Cisl), che non gradisce la scadenza: «È un refrain che può valere mediaticamente un giorno ma al terzo comincia a puzzare», avverte. La Camusso  riprende i toni «della maestrina» e affibbia un bel 2 in condotta ad un giornalista perché troppo «indisciplinato». Tutti nervosetti. E le cose rischiano di peggiorare se il governo darà seguito all'intenzione espressa ieri sera dal ministro Patroni Griffi: «Serve una riflessione comune anche sui licenziamenti nella pubblica amministrazione». Tempi duri anche per gli statali? Al momento c'è la proposta  di limitare la nuova cassa integrazione che verrà utilizzata per chi rientra in azienda. Chi paga potrà accedervi, anche il commercio (sotto i 50 dipendenti) e le banche. Mancano sempre le risorse («si farà con i soldi che abbiamo», taglia corto Fornero). Ultima mina sul percorso: in caso di disoccupazione i contributi saranno in base all'assegno e non al precedente stipendio. Insomma, prima disoccupati e poi pensionati più poveri. Marzo? sì, le Idi di marzo... di Antonio Castro

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