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Il governo e mezzo Pd licenziano Bersani

Segretario in un vicolo cieco. Sul lavoro sta con la Cgil e i veltroniani lo attaccano. Ma l'articolo 18 è solo un pretesto

Giulio Bucchi
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Pier Luigi Bersani è in un cul de sac, in un vicolo cieco. E il guaio è che lo sanno tutti: il governo, che non a caso sul lavoro accelera e fa la voce grossa. Gli avversari, con il Pdl che spera di ottenere una riforma elettorale più vantaggiosa. E i suoi stessi compagni del Pd, che stanno mettendo il segretario in minoranza. Tutto nasce dalla difesa ad oltranza dell'articolo 18. Il legame con la Cgil e Susanna Camusso non pagherà, perché in tempi di riforme opporsi a quella modifica significherebbe restare ancorati al Novecento. Un errore, quando tutto il mondo corre e non aspetta. Bersani così resta diviso tra l'ideologia cara all'ex Pci e una certa realpolitik che l'ha già portato ad appoggiare il governo "di centrodestra" dei tecnici, non senza mugugni tra i suoi. Anzi. Regolamento di conti - Lavoro, si diceva. E' proprio intono alle grandi manovre del ministro del Welfare Elsa Fornero che si deciderà il futuro del Partito democratico. Il deputato Roberto Giachetti ha avvertito Bersani: "Se le nostre posizioni saranno subordinate a quelle di un sindacato, io terrò le mani libere e voterò secondo coscienza". E' l'eterno dilemma dell'ex Ulivo, diviso tra ala sinistra (con Bersani e il responsabile economico del partito Stefano Fassina) e centristi (Enrico Letta da un lato, Walter Veltroni dall'altro). Le due fazioni sono anche più facilmente ricollocabili: da un lato i bersaniani, vicini al sindacato. Montiani dall'altro, con Veltroni, Letta, Paolo Gentiloni e Dario Franceschini (tutti, a parte Walter, provenienti dalla Margherita) convini che nel 2013 occorrerà riproporre lo schema tecnico, con Monti premier e una grande coalizione alle sue spalle. "Monti non è badoglio. Non è una parentesi dopo un regime autoritario", gioca a carte scoperte Gentiloni. In ballo c'è anche il gioco delle alleanze: Bersani guarda a Vendola e Di Pietro, Letta e Weltroni a Casini e Terzo Polo. Ecco perché lo scontro sull'articolo 18 è solo il pretesto per un regolamento di conti.

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