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Gran tradimento del prof Monti Non ha comprato Bot e Btp

Il premier predica bene ("Fiducia in noi stessi") e razzola male: punta su mattone, azioni e obbligazioni. Ha paura del crac?

Giulio Bucchi
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Non ci ha creduto nemmeno lui. Mario Monti aveva usato toni accorati e quasi drammatici il 22 dicembre scorso rivolgendosi agli italiani in un momento dei più delicati per lo spread: «Per superare la crisi dei debiti sovrani è essenziale che tutti guardino con fiducia ai nostri titoli: è   essenziale che gli italiani sottoscrivano Bot e Btp le cui rendite oggi sono elevatissime. Occorre che abbiamo fiducia in noi stessi».  Qualche italiano sentendolo sarà pure corso in banca gettando cuore e portafoglio oltre l'ostacolo. È  capitato perfino a qualche ministro. Ma non è accaduto in casa Monti.  Né il professore, né la moglie Elsa Antonioli hanno deciso dopo il drammatico appello del presidente del Consiglio di sottoscrivere un solo Bot.   L'amara constatazione arriva proprio dalle dichiarazioni patrimoniali rese pubbliche dai coniugi Monti alle ore 23 di mercoledì scorso, un'ora prima della scadenza dell'ultimatum che lo stesso premier aveva dato a tutti i protagonisti della compagine governativa. Fra le proprietà dirette di Monti e della signora non è indicato il possesso di un solo titolo di Stato italiano. È  possibile naturalmente che Bot e Btp siano in portafoglio delle gestioni patrimoniali che il premier ha affidato a Intesa San Paolo (per 5,3 milioni di euro), a Bnp Paribas (per 4,6 milioni di euro) e a Deutsche Bank (per 1,3 milioni di euro a metà con la moglie) e che la signora Elsa ha affidato a Bnp Paribas (per 1,3 milioni di euro). Ma se titoli di Stato ci sono in quei portafogli, non è per scelta dei due primi coniugi di Italia. Entrambi infatti dichiarano in allegato alla presentazione dei propri patrimoni di possedere «fondi comuni, Etf (fondi indicizzati quotati come le Sicav, ndr), gestioni patrimoniali che investono anche in azioni, a totale discrezione del gestore e senza coinvolgimento del dichiarante». Quindi è una certezza che a casa Monti sia caduto nel vuoto l'appello del presidente del Consiglio del 22 dicembre scorso. E che quindi lui predica, ma non si ascolta. O forse la situazione era davvero così a rischio, l'ipotesi di difficoltà di rimborso dei titoli di Stato italiani non così remota che Monti stesso non se l'è sentita di coinvolgere il patrimonio personale e il futuro dei suoi figli. Purtroppo la situazione non deve essere nemmeno cambiata troppo, perché Monti è stato protagonista di un secondo appello (questa volta rivolto alle banche e alle istituzioni finanziarie italiane) per l'acquisto di Bot e Btp in tempi assai più recenti: il 7 febbraio scorso. Ma nei giorni successivi non ha dato istruzioni di portafoglio in questo senso ai propri gestori patrimoniali, né ha deciso di impiegare in titoli di Stato italiani almeno una parte della liquidità presente sui conti correnti bancari. Per difendere i soldi di famiglia invece Monti sì è affidato al conto arancio degli olandesi di Ing (quello che offre il 4,20% di interessi), dove insieme alla moglie Elsa ha depositato 127 mila euro. Una somma meno consistente (19 mila euro) è invece presente su un altro conto corrente presso la sede centrale di Milano di Ubi Banco di Brescia: Monti ne è titolare al 50% , ma l'altra metà non è intestata alla moglie. Nella dichiarazione il socio bancario non è indicato, anche se è presumibile possa trattarsi di un figlio del premier. Se il premier non sin fida di quello che dice agli italiani, nell'esecutivo c'è invece chi lo ha preso in parola. Come il ministro delle Politiche agricole Mario Catania che ha dichiarato di avere investito in titoli di Stato italiani tutti i suoi risparmi: 450 mila euro. O come Piero Gnudi, ministro del Turismo, che è più ricco, ma gran parte del suo patrimonio (1,2 milioni di euro), l'ha investito in Ctz italiani. E Paola Severino, altra ricchissima che però ha consegnato il suo oro alla Patria: 1,6 milioni di euro in Btp. Anche a palazzo Chigi qualcuno ci ha creduto: sia Antonio Malaschini (285 mila euro in Cct e Btp) che Paolo Peluffo (90 mila euro fra Btp e obbligazioni). Come loro hanno seguito il premier che non credeva a se stesso Lorenzo Ornaghi (145 mila euro in Btp), Ezio Moavero Milanesi (100 mila euro di Btp) e l'ammiraglio Giampaolo Di Paola (Bot e Btp per 150 mila euro). Peccato. di Franco Bechis

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