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Pirellone, uno su 5 ce la fa: scopri chi non è indagato

Ufficio di presidenza lombardo: soltanto Spreafico (nel tondo) non è nel mirino. Cristiani, Penati, Ponzoni e Boni invece...

Nicoletta Orlandi Posti
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In questa legislatura cominciata appena ventun mesi fa, Davide Boni è addirittura il quarto componente dell'ufficio di presidenza del Consiglio regionale della Lombardia a restare impigliato in un'inchiesta su malaffare e malapolitica. Dei cinque membri originari soltanto uno, il segretario Carlo Spreafico (nella foto è quello col volo cerchiato) non ha ricevuto avvisi di garanzia. Per il resto, la clamorosa indagine su ex area Falck e affaire Milano-Serravalle ha portato alle dimissioni di Filippo Penati - prima Partito Democratico, ora gruppo misto - ch'era vicepresidente. E dopo Penati, ecco l'arresto di Franco Nicoli Cristiani, anch'egli vicepresidente, ma versante Pdl. E in manette c'è finito pure Massimo Ponzoni, sempre Pdl, altro segretario del Consiglio. Capitale morale? - Insomma le ultime clamorose inchieste che hanno strappato di dosso al capoluogo lombardo - e alla relativa regione - la medaglietta di capitale morale hanno tutte, di riffa o di raffa, fatto capolino al Pirellone. Su ottanta consiglieri di questa scalcagnata legislatura, ha calcolato Fabio Poletti su La Stampa, ben sedici sono stati arrestati, imputati, indagati o anche solo lambìti ha una qualche inchiesta giudiziaria. Significa uno su cinque. Mentre “lui”, il governatore Formigoni, non arretra, imperterrito. Gli indagano e arrestano compagni e rivali di partito, funzionari ed ex assessori e collaboratori. Lui, giustamente, s'appella alla presunzione d'innocenza. Anche per Boni.

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