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Farrell: "Per aprire il mio bar ci ho messo otto anni"

Il racconto dell'odissea per avere l'ok. Scrivi la tua disavventura con la burocrazia all'indirizzo email [email protected]

Lucia Esposito
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Giovedì, solito blocco totale del traffico a Forlì come in tutte le città nella rossa Romagna contro le polveri sottili che guardate caso durante il recente nevone (160 cm in 10 giorni) quando non c'era un cane in giro, figurati una macchina, sono aumentate!   Entro in centro lo stesso al volante della mia Land Rover Defender. Io posso, un cittadino normale no. Perché da giornalista la deroga ce l'ho. Voglio parlare con Cristiano Dezi, 32 anni, titolare del Bar del Duomo, della burocrazia che strozza l'Italia laboriosa e di quel momento epocale quando il Comune, dopo una battaglia durata 8 anni, gli ha dato l'ok a una piccola pedana fuori dal suo locale. Arrivo in Piazza del Duomo, canticchiando come di consueto  “Bandiera rossa la trionferà”, ed eccolo, un posto di blocco della Polizia municipale che naturalmente  mi ferma. Privi della possibilità di infliggermi la multa salva-pianeta da 80 euro si mettono al lavoro. Una mezz'ora dopo  mi danno una multa da 159 euro e la sospensione della circolazione del  veicolo. Sì, avevo dimenticato di fare la revisione. «Posso almeno parcheggiare?»  ho chiesto. E la gente si chiede perché il centro storico di Forlì (e non solo) sta morendo e ci sono sempre più negozi lasciati chiusi e vuoti come i denti mancanti nella bocca di una vecchia puttana in pensione. Finalmente arrivo al bar che si trova   accanto al posto di blocco. Hanno visto la scena. «Ma perché non vanno in Val di Susa? Per arrestare i veri criminali!» chiedo a tutti. Finalmente, ho la possibilità di lavorare. «Allora Cristiano, dimmi tutto …»   OPPRESSI DALLA BUROCRAZIA Raccontateci gli ostacoli che vi impediscono di fare il vostro mestiere scrivete a [email protected]   In sintesi, per anni i titolari del Bar del Duomo cercavano di installare fuori una pedana e quattro tavoli piccoli. Niente. Il Comune ha sempre detto di no. Per un motivo: una tale pedana sul pavimento bloccherebbe il passaggio dei pedoni e   quello delle macchine. Allo stesso tempo però il bar è attrezzato di un solo bagno ma per gli handicappati. Di conseguenza, per essere “in regola” i titolari dovevano installare fuori dal bar uno scivolo attaccato alla porta   per far entrare i clienti handicappati. Dunque, una pedana non si poteva installare ma uno scivolo si doveva installare. Anche se quello scivolo bloccava il marciapiedi ugualmente. Roba da matti. E così rimaneva la situazione fino al 2007 quando un architetto ha avuto un lampo di genio. Ha notato un pilone di cemento alto un metro fuori dal locale che impedisce il traffico sul marciapiedi che in quel tratto non è più alto della strada come un marciapiedi normale. Allora, ragionava quel bravo tecnico, causa la presenza del pilone, una pedana non può bloccare il traffico, e causa lo scivolo i pedoni sono bloccati lo stesso. Un  escamotage insomma. Chissà perché ma il Comune a quel punto ha dato l'ok. Cristiano e il suo socio hanno   pagato 2 mila euro all'architetto per fare la presentazione e  6 mila ai muratori per   la pedana. Devono pagare un affitto al Comune di 600 euro l'anno per la loro occupazione del suolo pubblico. E si tratta di un ok solo provvisorio rinnovato ogni anno che il Comune può annullare e senza motivazioni.   Ogni locale  che vuol  mettere una pedana fuori   ha problemi simili. Ma i problemi non finiscono lì.   Cristiano non può dare ai clienti delle posate   di metallo, ma solo di plastica perché non è un ristorante. Un'insalata non può venderla, un panino all'insalata sì. La tv la può avere e la può   accendere pure ma solo senza altoparlanti,  altrimenti deve pagare alla Siae 400 euro all'anno. Non può portare un drink o un piatto (plastica) al cliente fuori sulla pedana perché ci vuole un barista che fa solo quello. La musica registrata o dalla  radio va bene (dentro) ma solo pagando altri soldi alla Siae. Ma le patate fritte no. Loro no. Verboten! Per mancanza di cappa aspirazione e controlli sanitari. E così via. «Perdo un giorno la settimana sistemando la marea di burocrazia, tutte le cazzate che ti chiedono e le regole che cambiano, e sono solo un piccolo bar nel centro storico»,  dice. Hasta la victoria siempre! Come dicono qui nella rossa Romagna. di Nicholas Farrell

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