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L'esercito dei patch adams

in aiuto degli sfollati

Albina Perri
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Non servono solo aiuti materiali per le vittime del terremoto. E così ecco che c'è chi ha deciso di partire per l'Abruzzo per regalare un sorriso. Soprattutto ai bambini. Anche i dottori clown, infatti, si stanno preparando per portare un sorriso capace di curare le ferite che il terremoto ha lasciato nell'anima. Dopo le ruspe, i vigili del fuoco, gli scavi tra le macerie, i chirurghi, arriveranno loro, con il loro camice bianco, il papillon colorato e il buffo naso da pagliaccio. «Abbiamo preso contatto con il sindaco di Pizzoli che vorrebbe un'equipe di dottori clown per il dopo emergenza. E abbiamo preso contatti con la Protezione Civile e istituzioni locali. Il nostro intervento però non dovrà arrivare prima degli otto, dieci giorni dal dramma», spiega Leonardo Spina del gruppo 'Ridere per vivere' della Federazione di Associazioni e Cooperative sociali impegnate in tutte le situazioni di disagio socio-sanitario. «Stiamo contattando anche altri gruppi di dottori clown italiani per garantire un'assistenza a lungo termine alle popolazioni che vorranno averla. Siamo già operativi e,  -continua Spina - tra le idee che stiamo maturando, e che sottoporremo alla Protezione Civile e alle istituzioni locali, c'è il progetto di un laboratorio per i bambini che punta alla gestione emotiva dell'evento terremoto, l'attività come medici negli ospedali da campo e l'accompagnamento psicologico anche per anziani e adulti». Nelle valigie di questi patch adams, tra magliettee pantaloni, ci saranno gigantesche siringhe di plastica, stura lavandini, flebo con pesciolini dentro. Ma soprattutto sorrisi. E tutto all'insegna del volontariato. «E tanta umilt - prosegue Spina - senza la quale non si possono aiutare le persone soffocate dal dramma, tanto coraggio per sostenere il loro dolore, ed il naso rosso di plastica dei clown. Bisognerà lavoraresulla ricostruzione complessiva di queste comunità di individui che, e penso ad Onna, peresempio, non esistono più come erano prima e devono imparare ad esistere per come saranno dopo il terremoto. Il sisma ha spazzato le loro vite, le loro case, i loro affetti, i loro punti di riferimento, la loro identità come gruppo e come singoli».

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