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I pm: Forza Italia non c'entra con le stragi di mafia del '93

I giudici del processo al boss Tagliavia: "Trattativa Stato-Mafia ci fu, ma il nuovo partito non fu mandante o ispiratore"

Matteo Legnani
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La trattativa tra mafia e  istituzioni dello Stato c'è stata. Lo dice, per la prima volta, la sentenza di un processo per mafia, quello a carico del boss del Brancaccio Francesco Tagliavia. Nelle motivazioni della sentenza di ergastolo emessa lo scorso 11 ottobre 2011  si sostiene che l'iniziativa fu assunta addirittura da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini della criminalità organizzata e che fu impostata, almeno inizialmente, sul principio del "do ut des". L'obiettivo che si prefiggeva, si legge nella sentenza, "era di trovare un terreno con Cosa nostra per far cessare la sequenza delle stragi" del '92 e del '93, dall'attentato di Capaci in cui morì il giudice Giovanni Falcone alla bomba di via dei Georgofili, a Firenze.   Dalla "disamina" delle dichiarazioni "di soggetti di così spiccato profilo istituzionale esce una quadro disarmante che proietta ampie zona d'ombra sull'azione dello Stato nella vicenda delle stragi" continua la sentenza per le stragi del '92-'93, svoltosi a Firenze dove sono stati ascoltati come testimoni anche gli ex ministri Nicola Mancino e Giovanni Conso. "Ombre che questo processo non ha potuto dipanare". Non ha invece trovato consistenza, secondo i giudici, "l'ipotesi secondo cui la nuova entità politica (Forza Italia, ndr) si sarebbe addirittura posta come mandante o ispiratrice delle stragi".    

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