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Moffa elemosina un lavoro "Disoccupati a fine mandato"

L'ex Responsabile presenta una risoluzione sulla discriminazione dei parlamentari alla prossima legislatura

Nicoletta Orlandi Posti
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Il grido di dolore arriva da Silvano Moffa, capogruppo alla Camera di Popolo e territorio, gli ex Responsabili. È lui, infatti, a depositare a Montecitorio, in commissione Lavoro, una risoluzione che denuncia la discriminazione cui sono sottoposti i parlamentari che, «una volta cessati dal mandato», si trovano disoccupati. Alle prese, cioè, con un'interruzione «unilaterale» del precedente rapporto di lavoro «da parte di amministrazioni o aziende, pubbliche e private». Un appello disperato subito accolto dal governo, che per bocca di Michel Martone, viceministro al Welfare, si dice pronto a correre in soccorso dei parlamentari senza lavoro: «Necessario avviare un'ampia istruttoria sul tema». Il documento “tutela deputati”, oltre alla firma di Moffa, è stato sottoscritto come co-firmatario anche da Paola Pelino, deputato del Pdl. Denuncia l'ex presidente della Provincia di Roma: «Si sono registrati casi di deputati o senatori ai quali, cessato il mandato parlamentare, è stato negato il reintegro nella posizione di lavoro occupata prima dell'inizio del mandato stesso, ovvero non è stato riconosciuto il diritto alle qualifiche spettanti in termini di carriera o mansioni». Insomma, per Moffa i parlamentari che, una volta lasciato lo scranno a Montecitorio o Palazzo Madama, tornano alla vita normale, se la passano proprio male. «La situazione descritta appare particolarmente grave», spiega il numero uno degli ex Responsabili alla Camera, «non soltanto a causa degli evidenti profili di incostituzionalità, inosservanza dell'articolo 51 della Costituzione (“chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”, ndr), ma anche perché si configura la palese violazione dei diritti previdenziali e contributivi». Da qui la richiesta di impegnare il governo «a valutare l'adozione di possibili iniziative, anche di carattere normative, dirette ad assicurare il rispetto della normativa vigente in tema di diritti del lavoratore e di salvaguardia della contribuzione previdenziale». Il governo ha risposto immediatamente alla chiamata del duo Moffa-Pelino. Lo ha fatto con il viceministro Martone, quello che tempo fa ha dato degli «sfigati» agli studenti non laureati entro i 28 anni. Martone è intervenuto per ricordare che, durante l'aspettativa, il lavoratore che ricopre cariche elettive ha il diritto di conservare il proprio posto di lavoro, oltre a maturare l'anzianità e a conseguire il diritto all'accredito figurativo dei contributi. Quella posta di Moffa, quindi, è una questione che «presenta, per le specificità del tema trattato e per le prerogative che l'ordinamento riconosce ai cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche elettive, evidenti profili di carattere politico». Profili, tira le somme Martone, «che non possono esaurirsi nel mero accertamento dei singoli episodi denunciati dal presentatore», ovvero Moffa. No, sostiene con solennità Martone, il tema è molto più complesso. Da qui l'annuncio che l'esecutivo «non può che valutare con estremo interesse le questioni in gioco». Il governo, infatti, «giudica evidente la necessità di avviare un'ampia istruttoria sul tema, che veda il coinvolgimento di tutti i ministeri interessati, in vista dell'assunzione di un impegno il più possibile coerente ed efficace». Un task force contro il parlamentare disoccupato. di Tommaso Montesano

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