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De Magistris, il suo assessore accusato di fare uso di coca

Un pentito incastra Giuseppe Narducci, il titolare della Sicurezza di Napoli ed ex pm del processo Calciopoli

Nicoletta Orlandi Posti
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Vero o falso che sia l'ennesimo racconto dell'ennesimo pentito, sempre fango è. Quello che ha girato nel ventilatore napoletano, però, è andato oltre. È molto altro, è la palla che fa strike abbattendo tutti i birilli in scena: un ex capo della Squadra mobile e un pm oggi impegnato in politica. L'ha lanciata Salvatore Lo Russo, boss “pentito” del clan dei «Capitoni», gruppo camorristico egemone nell'area di Miano, Secondigliano e Capodimonte: «Il dottor Pisani mi chiese di informarmi su un carabiniere che alla Torretta comprava cocaina per portarla a Narducci». Parole pesanti più delle pietre se si considerano i protagonisti di quest'incredibile storia: Vittorio Pisani, ex capo della Mobile di Napoli, finito nel tritacarne giudiziario dopo esser stato indagato per favoreggiamento; e Giuseppe Narducci, assessore alla Sicurezza della giunta De Magistris, ancorché sostituto procuratore in aspettativa operante nella stessa città dove lavorava. Tutti e due famosi, tutti e due uomini di legge ma l'un contro l'altro armati. E non da oggi. Lo Russo, che di Pisani è stato a lungo confidente (oltre che -a suo dire- fornitore di belle buste piene di banconote) ha detto quelle cose durante un interrogatorio dinanzi ai pm Amato e Parascandolo, titolari di una maxi inchiesta su usura e riciclaggio di danaro della camorra nella ristorazione sul lungomare di Napoli. La stessa che vide coinvolto il calciatore Fabio Cannavaro («un accattone», così l'ha definito Lo Russo) e dalla quale sono nati i guai di Pisani per il presunto favoreggiamento di un suo amico imprenditore che di alcuni locali era titolare. Certo, «'o capitone» ha pure aggiunto di esser rimasto «sbalordito. Non ci ho creduto perché non ce lo vedevo proprio uno come Narducci alle prese con la droga»: ma restano frasi che hanno gettato scompiglio appena la secretazione del verbale è caduta per il rituale deposito agli atti. Narducci, pm di Calciopoli, lette le dichiarazioni si è immediatamente precipitato in procura per fornire chiarimenti. L'affare comincia ad ingrossarsi, si direbbe. Nel senso che dagli interstizi del Centro direzionale è emersa un'antica guerra sotterranea, una delle tante che si consumano negli uffici giudiziari tra pezzi e apparati delle forze dell'ordine tra loro e tra magistrati. Il pm che fece storcere il naso perfino a Napolitano (anche se non più di tanto) per il fatto di mettersi a fare, seppur legittimamente, l'assessore nello stesso luogo dove fino a 24 ore prima ordinava arresti e svelava segreti, ha riferito alla stampa che non è la prima volta che provano ad infangarlo. Sembra che Pisani ci avesse già provato in passato e non solo con la storia della cocaina: «E' fatto notorio a Napoli, in ambienti giudiziari e investigativi, che da 15-20 anni sono considerato da Pisani foriero di molte sue disavventure. Una circostanza che lui stesso non ha mai nascosto». E spiega anche il perché, riconducendo il tutto ad un'indagine di anni fa contro il clan Giugliano in cui furono coinvolti diversi poliziotti: Pisani venne anche allora indagato per favoreggiamento ma fu subito prosciolto. Tutte cose che Narducci ha riferito ai pm in maniera ufficiale: ufficiosamente, è lecito pensare lo sapessero già. Pisani, l'uomo che ha arrestato Zagaria e Iovine e che diede parere negativo per la scorta a Saviano,  non ha commentato, limitandosi a sorridere in aula mentre prendeva appunti durante la deposizione di Lo Russo. De Magistris ha riconfermato la sua fiducia all'assessore, tirando fuori una delle sue più classiche dichiarazioni in casi analoghi: «Paga per aver indagato sui legami tra camorra e politica». Se una cosa del genere fosse successa, ad esempio, ad un assessore di Formigoni o di Alemanno, si sarebbe scatenato il finimondo: è successo ad un assessore-pm di un sindaco-ex pm e più di tanto non si strepita. Si chiama Italia. di Peppe Rinaldi

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