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Articolo 18 e licenziamenti: cosa vuole il governo

Leggi il testo della riforma approvato "salvo intese". Cosa cambia sul lavoro. Possibili modifiche in Aula: è già polemica

Lucia Esposito
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Il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo della riforma del lavoro salvo intese. Dopo 5 ore di riunione a Palazzo Chigi, ora la palla passerà al Parlamento. I partiti potranno proporre modifiche al documento licenziato dal governo. La notizia è che nonostante le pressioni di sindacati, Cei e Pd, sul licenziamento per motivi economici il premier Mario Monti tira dritto: il ddl prevede infatti che "per il licenziamento per motivi economici il datore di lavoro possa essere condannato solo al pagamento di una indennità". Niente rimpallo al giudice, dunque, per decidere sull'eventuale reintegro del lavoratore. Particolare "attenzione" , in ogni caso, ha assicurato il ministro del Welfare Elsa Fornero, sarà riservata all'intento di "evitare abusi" da parte delle aziende anche per ribadire il concetto espresso dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: "Non ci sarà una valanga di licenziamenti facili". Il diritto al reintegro nel posto di lavoro potrà essere disposto dal giudice "nel caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare". Ma la partita non è certo finita, anzi riparte dal Parlamento. E dal Pdl al Pd, è già gara a chi mostra i muscoli per blindare o modificare il testo. I tempi del disegno di legge sono lunghi, ma non lunghissimi: si punta a chiudere la pratica dopo le elezioni amministrative. Riforma del lavoro: leggi il testo integrale "Più flessibilità, più crescita" - "Il disegno di legge" riguardante la riforma del mercato del lavoro, comunica l'esecutivo, "è il frutto del confronto con le parti sociali. Ne emerge una proposta articolata che, una volta a regime, introdurrà cambiamenti importanti". "Si tratta - prosegue - di una riforma lungamente attesa dal Paese, fortemente auspicata dall'Europa, e per questo discussa con le parti sociali con l'intento di realizzare un mercato del lavoro dinamico, flessibile e inclusivo, capace cioè di contribuire alla crescita e alla creazione di occupazione di qualità, di stimolare lo sviluppo e la competitività delle imprese, oltre che di tutelare l'occupazione e l'occupabilità dei cittadini". Il testo modifica la disciplina degli ammortizzatori sociali (sussidio di disoccupazione per giovani e precari e fondo di solidarietà per i settori non coperti dalla cassaintegrazione straordinaria) e della mobilità in entrata (con i contratti di apprendistato) e interviene ma il tema centrale, come detto, è la mobilità in uscita.   Rito abbreviato per i licenziamenti - Innanzitutto, il ddl introduce il rito abbreviato per le controversie in materia di licenziamenti. "E' prevista - si legge nella nota di Palazzo Chigi - l'introduzione di un rito procedurale abbreviato per le controversie in materia di licenziamenti, che ridurrà ulteriormente i costi indiretti del licenziamento". Previste nuove misre per gli scivoli: l'esodo dei lavoratori anziani sarà infatti ora a carico interamente del datore di lavoro. "A tal fine - si aggiunge - è prevista la facoltà per le aziende di stipulare accordi con i sindacati maggiormente rappresentativi, finalizzati a incentivare l'esodo stesso". Saranno introdotte infine norme di contrasto alla pratica delle cosiddette dimissioni in bianco con modalità semplificate e senza oneri per il datore di lavoro e il lavoratore. Il ddl rafforza (con l'estensione sino a tre anni di età del bambino) il regime della convalida delle dimissioni rese dalle lavoratrici madri. Le modalità del reintegro - Capitolo reintegro, il più scottante. Il diritto alla reintegrazione sarà disposto dal giudice nel caso di licenziamenti   discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare. "Con la riforma si riduce l'incertezza che circonda gli esiti dei procedimenti eventualmente avviati a fronte del licenziamento". Per questo, prosegue ancora il testo, "si introduce una precisa delimitazione dell'entità dell'indennità risarcitoria eventualmente dovuta e si eliminano alcuni costi indiretti dell'eventuale condanna, ad esempio le sanzioni amministrative dovute a fronte del ritardato pagamento dei contributi sociali". "Grazie a questi provvedimenti il costo sostenuto dal datore di   lavoro in caso di vittoria del lavoratore è “svincolato” dalla   durata del procedimento e dalle inefficienze del sistema giudiziario".  Negli altri casi, tra cui il licenziamento per motivi economici, "il   datore di lavoro può essere condannato solo al pagamento di un'indennità. Particolare attenzione è riservata all'intento di evitare abusi".  

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