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Fini sostiene la causa Concia "Camera riconosca la moglie"

Deputata pd: assistenza di Montecitorio prevista per coppie di fatto valga anche per la mia Ricarda. Sì di Gianfranco

Nicoletta Orlandi Posti
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La Camera dei deputati già riconosce le coppie di fatto. Il Regolamento di assistenza sanitaria integrativa dei deputati, l'assicurazione sulla vita, prevede infatti la possibilità di «iscrivere il convivente more uxorio», ponendo soltanto due condizioni:  la convivenza deve perdurare da almeno tre anni al momento della richiesta e risultare da una iscrizione anagrafica o da un atto notorio. L'iscrizione, ovviamente, è a carico del deputato, che paga per il servizio. Ieri mattina l'Ufficio di presidenza della Camera, si è trovato ad affrontare una nuova e delicatissima questione.  A portarla all'attenzione dei presenti è stato Gianfranco Fini in persona. Ha richiamato l'attenzione sulla richiesta, datata 10 marzo 2010, di «un deputato in carica», cioè Paola Concia, di poter «iscrivere all'assistenza sanitaria integrativa una persona convivente dello stesso sesso». La deputata del Pd convive da più di tre anni con  Ricarda Trautmann, criminologa di Colonia, e si è pure sposata in Germania, a Francoforte, dove sono possibili le nozze tra persone dello stesso sesso, lo scorso agosto. Tutte le condizioni per accedere allo stesso servizio del quale usufruiscono gli altri deputati (uomini) con le loro compagne (donne) ci sono. Ma, probabilmente per l'eccessivo imbarazzo, l'Ufficio di presidenza ha finora deciso di rinviare il suo pronunciamento. «Sono quattro anni che ho fatto la richiesta; sono l'unica tra i parlamentari che non gode dell'assistenza sanitaria per il convivente, mentre tutti gli altri sì», spiega Concia, che è responsabile per lo Sport dei democratici. Il presidente Fini, ieri, ha sollecitato l'organismo a dire la sua: «L'Ufficio di presidenza è chiamato ad assumere una decisione in materia». Il leader di Fli ha argomentato, con un appunto, la richiesta di un pronunciamento, sottolineando come il regolamento faccia «riferimento al convivente da almeno tre anni senza alcuna ulteriore specificazione». Non c'è scritto, insomma, che le coppie devono essere composte da due persone di sesso diverso. Fini ha anche sottolineato che «l'iscrizione al sistema (...) di un convivente dello stesso sesso è attualmente consentita dal Regolamento per l'assistenza sanitaria integrativa dei dipendenti della  Camera» e ciò avviene anche per altri fondi, cita ad esempio quello della Casagit, fondo di assistenza sanitaria dei giornalisti, «che prevede espressamente che può essere iscritto il convivente anche dello stesso sesso».   La sentenza della Cassazione civile dello scorso 15 marzo, poi, non lascerebbe spazio a dubbi. Ricorda Fini: «La convivenza more-uxorio di persone dello stesso sesso è stata trattata da una recente che, tra l'altro, ha sottolineato come le coppie omosessuali (...) hanno diritto a un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”». A rigor di legge, dunque, la deputata del Pd parrebbe avere a portata di mano un obiettivo molto simbolico. Ma, essendoci di mezzo la politica, non è affatto detto. Già qualcuno sta pensando a dilatare i tempi della decisione: tra un anno si vota. di Emilio Malfasi

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