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Anche Vanzina batte Pinelli: il botteghino parla chiaro

Per 'Romanzo di una strage' di Giordana più articoli che spettatori. Il premio del pubblico va invece a 'Buona giornata'

Andrea Tempestini
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I Vanzina saranno soddisfatti. I gufi del cinema, quella parte dei nostri scribi che li commenta con malevolenza da quasi 40 anni (e che per loro han creato il termine “fratelli spazzatura”) li davano per spac ciati anche al botteghino. E invece il box office li assiste ancora. Buona giornata, al suo primo weekend è andato parecchio bene: quasi un milione di euro d'incasso (secondo solo al kolossal americano La furia dei titani, 1.267.613). E quasi il doppio degli introiti di Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana (533mila). Poco più di mezzo milione  nella settimana d'esordio (nonostante i rulli di tamburo della pubblicità) non è una cifra incoraggiante. Tanto più che le prospettive di un'inversione di trend sono molto vaghe. A volte è il passaparola che fa viaggiare speditamente un film dopo una partenza  al piccolo trotto. Ma che parole passano gli spettatori del weekend agli amici, ai colleghi, ai frequentatori dello stesso bar? Diranno che il Romanzo è un prodotto di buona  confezione professionale, ma il livello è quello di una discreta fiction, di quelle che ti vengono ammannite quasi ogni sera dalle tv “in chiaro”. Chi te lo fa fare, chi lo fa fare al pubblico del cinema (i vecchi e i giovanissimi) a uscire di casa, a spender soldi per vedere qualcosa che quotidianamente ti viene offerto comodo e gratis? Non so chi ha detto una volta  che il buon film è quello che ti fa saltare dalla poltrona e la buona fiction sulla poltrona ti fa accomodare. Ora in Romanzo di una strage non c'è una scena manco una che ti mandi in fibrillazione (nemmeno quando salta la Banca dell'Agricoltura). Mentre fibrilli e come  per le battaglie dei Titani, per le zingarate di Quasi amici, per gli orridi esorcismi di L'altra faccia del diavolo. Seconda ragione del flop (che dovrebbe stoppare alcuni progetti in cantiere). Il film storico politico non marcia bene al botteghino. Non ha mai volato nemmeno quando era appannaggio di super come Francesco Rosi, Damiano Damiani, Giuliano Montaldo, Elio Petri Ettore Scola. Figuriamoci ora che i super sono defunti o pensionati, e il testimone è passato ai registi solo bravini (Giordana, appunto, e poi Vicari di Diaz e De Maria di Prima linea). Perché di storia recente e di politica (attuale) il pubblico è sommerso ogni giorno dalla tivù. Last but not least, lo spettatore ha probabilmente compreso  (prima dei giornalisti) che i bravini tendono a fare i furbetti, che i loro film sugli anni di piombo hanno come fine non secondario quello di nascondere ulteriormente nell'armadio gli scheletri  che loro, i loro amici, i compagni di partito accumularono nei tempi plumbei. di Giorgio Carbone

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