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Ecco l'unica soluzione: patrimoniale sui partiti

I rimedi alle irregolarità non sono leggi o authority, ma affamare la politica. Ci sono 2 miliardi in ballo, Monti tassi quelli

Giulio Bucchi
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La soluzione per i mali italiani sta in una legge anti-corruzione? Il freno alla malversazione può arrivare con certificati, codici etici, altri enti o authority? Forse. Ci sarebbe una via più breve, che con un po' di semplificazione recita così: affamare la bestia. La bestia è, in sostanza, la spesa pubblica, e soprattutto il tipo di spesa pubblica che più simbolicamente oggi viene percepita come endemicamente improduttiva, e cioè i cosiddetti rimborsi pubblici ai partiti politici. Il meccanismo con cui questi ultimi hanno di fatto aggirato il famoso referendum è noto e stranoto, ed è la miglior dimostrazione di come è impensabile immaginare doti di riformarsi quando c'è di mezzo il proprio fondoschiena. Oggi, però, c'è qualcosa di diverso, che rende meno velleitaria la realizzazione pratica di una proposta seria: da un lato il montare, a destra e sinistra, di inchieste che - al di là della colpevolezza tutta da provare - mostrano un lato fragilissimo della gestione delle macchine dei partiti (Lusi e Belsito su tutti); dall'altra la congiuntura politica «strana» di un governo tecnico che non è diretta emanazione dei partiti e il cui premier continua a ripetere di non voler restare nell'agone politico. Se non ora, dunque, quando? Così come sono, i fondi della politica sono un propellente insopprimibile per gestioni allegre, opache e sotto traccia, nonché un fattore propulsivo per ricatti incrociati, ferme restando ovviamente le responsabilità personali. La proposta affamatrice - già avanzata su Libero da Maurizio Belpietro e Franco Bechis e oggi ribadita è, semplicemente, di usare almeno la stessa voracità fiscale mostrata con i denari dei contribuenti con quelli - sempre dei contribuenti - gestiti dai partiti coi risultati che vediamo quotidianamente. Le casse delle formazioni elettorali, perfino quelle defunte, sono di fatto più al sicuro che in una banca svizzera, proprio nel momento in cui i risparmi, i redditi e i patrimoni degli italiani sono sottoposti, sotto un pressante canovaccio di retorica sacrificale e austera, a tenaglie da record del mondo. Giocare coi numeri è semplice e puramente simbolico, forse. Ma se è vero - come ha documentato Libero - che i partiti oggi hanno liquidità per circa 600 milioni di euro e patrimoni prevalentemente immobiliari per oltre 2 miliardi, è così folle o demagogico - andare a intaccare quelle risorse (indubitabilmente del contribuente e altrettanto indubitabilmente male utilizzate), ad esempio, per evitare l'aumento di 2 punti dell'Iva previsto a ottobre? O per tamponare la tragedia dei debiti della PA nei confronti magari degli stessi imprenditori che quei partiti hanno votato e arricchito? Ogni volta che si affronta l'argomento di una «patrimoniale ai partiti», la reazione media è un collettivo sopracciglio alzato, con frasi sui tacchini che non vogliono anticipare il Natale e allusioni al fiume di nero che costituirebbe la vera linfa sotterranea delle spese politiche. Se il governo, come ieri hanno  fatto capire Mario Monti e il ministro della Giustizia Paola Severino, ha intenzione di infilare le mani nella pratica, meglio essere spietati. Tutto sommato, sarebbe il miglior regalo alla massacrata dinamica della rappresentanza e a una possibilità di credibilità che oggi pare quasi irrimediabilmente compromessa. di Martino Cervo Vai al blog Mondo Minimo

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