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E ora dà lezioni a Bossi: "Così si allevano i figli"

L'ex ministro: "Avvisai Umberto su certi episodi di Renzo. I miei figli mai in politica né sistemati: due studiano, una è precaria..."

Giulio Bucchi
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La posizione di forza di Roberto Maroni su Umberto Bossi la si percepisce da piccole cose. Gli inviti misurati, eppure appuntiti e puntuali, alla "pulizia", martellanti anche anzi soprattutto dopo le dimissioni di Renzo. E le parole, in apparenza affettuose, rivolte al Senatùr dalle colonne di Vanity Fair, in edicola mercoledì 11 aprile. Al settimanale Bobo spiega di aver provato a mettere in guardia il Senatùr sui comportamenti del Trota: "C'erano già stati episodi che dovevano metterlo in allarme. Non gravi come quello che sta venendo fuori, ma i segnali c'erano". Il problema era che a spingere per Renzo Bossi c'era il Cerchio Magico. A Umberto "dicevano cose non vere su di me, sulla Lega, sui soldi, e lui ci ha creduto in buona fede perché, se ti fidi di qualcuno, gli credi. Negli ultimi mesi il nostro rapporto era teso anche perchè cercavo di metterlo in guardia, gli dicevo che non era come gliela raccontavano. Ma lui non mi ha dato ascolto, pensava ce l'avessi con loro. Era un gruppo di persone che Umberto aveva intorno, molto vicine, e che a gennaio hanno cercato di farmi fuori. Non ci sono riuscite. Oggi lui ha capito che avevo ragione io e torto gli altri". Bossi, dunque, ha sbagliato scelte. "Aveva sempre tenuto separato il partito da parenti e amici e se ora dice: 'Ai ragazzi dovevo preferire la Lega', vuol dire che si è reso conto dell'errore". L'insegnamento di Bobo - Maroni, quell'errore, non l'ha mai commesso. "Io ho tre figli che non fanno e non faranno mai politica. Mia figlia è un'insegnante elementare precaria, è una sua scelta. Gli altri due studiano ancora. E tenerli lontano dai riflettori, per me, è una priorità". La Lega, dunque, non sarà il loro futuro. Ma nemmeno quello di Renzo, stando a quanto annunccia Maroni. Serve ricambio generazionale, certo, ma non passerà dal Trota: "Io parlo di quarantenni con vent'anni di Lega alle spalle, esperienza di amministrazione, equilibrio, maturità: i Tosi, i Cota, gli Zaia. Io stesso sono stato buttato a 37 anni a fare il parlamentare e dopo due anni ero ministro dell'Interno: mi sarei potuto schiantare se non avessi avuto, oltre alla fortuna, la capacità. La Lega deve tornare a essere il partito dove chi ha meriti emerge".  

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