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Il tramonto del Senatùr tra lacrime e scuse: "Ho rovinato i miei figli"

A Bergamo Bossi amaro: "Dovevo mandarli via, chiedo scusa per i danni fatti da loro". Fischi quando parla di Belsito e complotto

Giulio Bucchi
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Umberto Bossi s'è dimesso da segretario federale e ha convinto suo figlio Renzo a mollare il Pirellone. Però, poche ore dopo l'addio alla segreteria provinciale di Varese del suo pupillo Maurilio Canton - sfiduciato da dieci membri del direttivo su sedici - il Senatur non è riuscito a smuovere Rosi Mauro. Eppure ci ha provato. Sia negli ultimi giorni che ieri. Nel pomeriggio, davanti ai triumviri convocati in via Bellerio, ha alzato il telefono per parlare con la vicepresidente del Senato. «Ti devi dimettere» ha detto Bossi. «Non ne vedo il motivo, sono innocente e non ho mai preso un soldo. Lo dimostrerò» ha risposto secca la Mauro, lasciando senza parole anche Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago che assistevano alla scena. Di più: il fondatore del Carroccio le ha chiesto di non andare a Porta a Porta: «Meglio evitare la tv in questo momento. Siamo sotto attacco». E lei, ancora, picche. «Voglio andare da Vespa per dire la mia». E così ha fatto. Guarda il video su LiberoTv: Bossi si scusa: "Un errore portare i figli in politica"   Il soldato Rosi resiste nel fortino assediato, ma anche il Senatur non è in un ottimo momento. Al di là del secco rifiuto incassato da quella che malignamente è definita «la sua badante» il vecchio capo è teso. Ieri ha dato il via libera al Bobo-show, condividendo la scelta di lasciare la parola nella serata dell'orgoglio padano all'ex responsabile dell'Interno e non agli altri colonnelli. Di più. Non ha mosso obiezioni quando il triumvirato ha parlato del prossimo congresso federale, che potrebbe essere anticipato. Non più a ottobre, quindi, ma in estate. Forse già a luglio. Dopo i rinnovi dei segretari della Lega Lombarda (fissato a inizio giugno) e della Liga Veneta. Lunedì arriverà l'ufficialità, quando sul tavolo potrebbero piombare anche le prime richieste di espulsione. Arrivato in via Bellerio prima delle 14, Bossi ha lasciato il quartier generale verso le 19,30 per andare a Bergamo. Lì, sul palco,  non trattiene   le lacrime prima dell'inizio della manifestazione.  Comincia il suo discorso  citando un'omelia pasquale ascoltata alla messa di domenica.   Il pubblico fischia quando dice:  «Mi spiace per i miei figli». Ma poi applaude quando Bossi conclude il suo pensiero: «Dovevo tenerli lontani e farli studiare all'estero. I parenti mai più nella Lega!»   L'ormai ex leader è ancora frastornato per la bomba giudiziaria che sta squassando il movimento. «Dobbiamo stare uniti» ha ripetuto nelle ultime ore, ribadendo che «chi sbaglia paga. Indipendentemente dal nome». È anche dispiaciuto per la parabola di suo figlio: credeva in Renzo. Tanto da parlarne sempre con gli occhi lucidi del padre orgoglioso. Anche con i giornalisti, quando durante le nottate dopo i comizi si lasciava andare a delle riflessioni personali: «Si sta laureando in Inghilterra…». Il capo lumbard è tra due fuochi. Da una parte la famiglia, che cerca di convincerlo che le spese su cui stanno indagando tre procure sono tutte giustificate (a inizio settimana, invece, erano balle confezionate da qualche traditore interno, cioè Maroni). Dall'altra parte c'è il partito. Con Bobo in testa. Che tira Bossi per la giacca chiedendo espulsioni a raffica, a partire dal Trota. «Va bene punire chi sbaglia, ma devo tenere unito il movimento». Sulla Mauro, pochi giorni fa, aveva preso tempo. Dimissioni? Cacciata dalla Lega? «Vediamo» sibilava Umberto da Gemonio. Chissà se ieri ha cambiato idea, dopo il gran rifiuto della vicepresidente del Senato.  di Matteo Pandini

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