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Facci: Odio i fanatici ciclisti, flagello della città moderna

I maniaci delle due ruote ostentano superiorità o si lamentano. A mio figlio comprerei più volentieri il motorino

Pruneddu Pietro
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Io i ciclisti li odio, perlomeno quelli che ostentano l'ideologia del ciclista e non si limitano a usare la bicicletta come ogni tanto faccio io: parlo di quelli che ostentano  il loro status da superiori/inferiori e ondeggiano pericolosamente come a dire che l'errore sono gli altri. E invece no, sono loro, loro che rompono l'anima a tutti e ora pretendono – lo pretende qualche associazione bohemienne – che a Milano tutti i mezzi motorizzati vadano al massimo a 30 all'ora, come no: poi magari abbattiamo anche i palazzi e distribuiamo dei retini per le farfalle. Milano è una metropoli che non è fatta per le biciclette, punto: non è l'Olanda, è inutile vagheggiare riconversioni improbabili laddove mancano i marciapiedi e i parcheggi. Le abbiamo viste le piste ciclabili della Moratti: un pericolo pubblico, ciò che fa della bicicletta non una soluzione ma, spesso, un'insidia per chi la conduce e per i mezzi che devono conviverci. A un figlio comprerei più volentieri un motorino col casco obbligatorio anziché certe biciclette che caracollano tra pavè e rotaie, tra incroci e precedenze: mettono ansia solo a guardarle. Oppure andrei a vivere fuori città, unica scelta coerente prima di diventare un vecchio rincoglionito che passa le giornate ai parchi pubblici a bastonare gli uccellini. In bicicletta, ovviamente. di Filippo Facci

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