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Eluana libera di morire

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Vaticano: "E' eutanasia"

Albina Perri
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Milano - Dopo 16 anni di non vita attaccata ad un sondino nasogastrico che provvede alla sua nutrizione e idratazione, Eluana sarà libera di morire. Oggi la Corte d'appello civile di Milano ha autorizzato il padre della ragazza, in stato vegetativo permanente dal 18 gennaio 1992, ad interrompere, in qualità di tutore, il trattamento di idratazione ed alimentazione forzato che da 16 anni tiene in vita la figlia. Beppino Englaro da quasi dieci anni, precisamente dal 1999, chiede la sospensione del trattamento. Un paio di settimane fa il signor Englaro è stato ascoltato dai giudici della Corte d'Appello di Milano nell'ennesimo tentativo di far comprendere il suo stato d'animo e le volontà di sua figlia Eluana, che mai avrebbe voluto continuare  a vivere in condizioni così disperate, senza più capacità percettive e avere contatti con il mondo esterno. Questa, per il signor Beppino, era la nona tappa di un processo lungo e difficile, troppe volte lasciato in sospeso  per l'assenza di una disciplina legislativa specifica e completa in materia di eutanasia. Anche se, come più volte ha specificato il papà di Eluana, nel caso di sua figlia “non è formalmente corretto parlare di una richiesta di eutanasia quanto, piuttosto, di una richiesta di sospensione delle cure che possono equipararsi ad una sorta di accanimento terapeutico”. Eluana può respirare autonomamente ma non è più in grado di avere coscienza di sè, sentimenti, vita di relazione. Da 16 anni. Il decreto in cui si autorizza la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione a Eluana è stato redatto dal giudice della prima sezione civile della Corte d'appello di Milano Filippo La Manna, che si è rifatto  alle indicazioni fornite dalla Cassazione, con sentenza di rinvio, lo scorso 16 ottobre. La Cassazione, infatti, aveva accolto la richiesta del papà di Eluana stabilendo che il giudice può, su istanza del tutore, autorizzare l'interruzione delle cure in presenza di due circostanze concorrenti:  1)che sia provata come irreversibile la condizione di stato vegetativo del paziente; 2) che sia accertata la sua volontà prima dell'inizio di tale stato (in base al suo vissuto e ai suoi convincimenti etici) a non essere sottoposto a tempo indeterminato a sistemi di mantenimento in vita di tipo puramente meccanico. La Corte d'appello ha ritenuto che fosse già stata provata e accertata l'irreversibilità dello stato vegetativo permanente della giovane donna e che sia stato dimostrato il convincimento di Eluana, quando era in piena coscienza, di preferire la morte  piuttosto che una vita di questo tipo. Il provvedimento dei giudici di appello teoricamente può essere ancora soggetto a ricorso davanti alla Cassazione. “Grave sentenza”:  così la Radio Vaticana giudica la decisione dei magistrati della Corte d'Appello civile di Milano hanno autorizzato il padre di Eluana Englaro a sospendere il trattamento di alimentazione ed idratazione forzato della figlia. “Nessun tribunale aveva mai accolto la richiesta”, rimarca l'emittente pontificia, che ricorda come già i bioetici della Cattolica abbiano rimarcato che la decisione dei magistrati “disconosce il principio della non disponibilità della vita e il dovere di ogni società civile, di assistere i propri cittadini più deboli”. Il Vaticano, attraverso le parole di Mons. Rino Fisichella, neopresidente della Pontificia acacdemia per la vita, parla, senza mezzi termini di "eutanasia". La sentenza però, ha aggiunto mons. Fisichella, “può essere impugnata presso una corte superiore” e c'è la possibilità di “ragionare con maggiore serenità e meno emotività”. Di fronte alla decisione presa oggi dai magistrati mons. Fischella esprime “un duplice sentimento”: da una parte “tristezza e amarezza” e dall'altra “profondo stupore”. “Profonda amarezza per come si risolverà purtroppo una vicenda di dolore, perchè Eluana è ancora una ragazza in vita, il coma è una forma di vita e nessuno può permettersi di porre fine a una vita personale”. E “profondo stupore, per come sia possibile che il giudice si sostituisca in una decisione come questa alla persona coinvolta, al legislatore perché”, ha concluso il vescovo, “ non mi risulta che in Italia ancora ci sia una legislazione in proposito, e anche soprattutto ai medici che hanno competenza specifica del caso”. Intanto la casa di cura “Beato Luigi Telamoni”, dove Eluana è ricoverata dal giorno stesso dell'incidente stradale avvenuto nel gennaio di 16 anni fa, è gestita dalle suore Misericordie che, come facilmente comprensibile, appoggiano in pieno il punto di vista del Vaticano. Riferendosi alla decisione di staccare l'alimentatore di Eluana i dipendenti rispondono: “Qua in questa casa di cura non avverà di sicuro: le suore le sono affezionate, non acconsentiranno mai”. È l'affermazione che ripetono un pò tutti nella casa di cura Beato Luigi Talamoni. “Se il padre vuole farla morire”, ha detto un dipendente, “dovrà solo portarla via da qui”. Ma sulle sorti di Eluana ci sono opinioni assai diverse, anche all'interno del mondo politico. La senatrice del Pdl, Laura Bianconi, ha definito “gravissima” la decisione dei giudici della Corte d'Appello civile di Milano. “Non si può pensare che il diritto alla vita  rientri tra quelli di cui possono disporre altri, tanto meno i giudici con una sentenza. Questo è un esempio palese di quello che accadrebbe con il testamento biologico dove ad un terzo verrebbe attribuito il diritto di decidere se dobbiamo smettere di vivere: ecco perchè sostengo da sempre che non si può aprire questa porta legislativa ma è necessario aumentare in tutti i modi possibili forme di assistenza e sostegno a questi malati e alle loro famiglie, anche attraverso le cure palliative, invece di legittimare forme di vero e proprio abbandono terapeutico come in questo caso”. L'opposizione, invece, appoggia in pieno la sentenza dei giudici milanesi.“La decisione del Tribunale Civile di Milano è rilevante e giusta. Il padre di Eluana ha lottato per sedici anni contro tutto e contro tutti per rispettare le volontà della figlia, che finalmente saranno accolte”. È il commento di Ignazio Marino, medico e capogruppo Pd in commissione sanità al Senato, al caso Englaro. “È una sentenza rigorosa che pone fine ad un vero e proprio calvario ma testimonia ancora una volta la carenza di una legislazione che regoli la materia nel nostro paese”. Abbiamo intervistato Mina Welby, vedova di Piergiorgio Welby, morto il 20 dicembre 2006 sotto sedazione, dopo che gli era stato staccato il respiratore, secondo la sua volontà. "Provo una grande soddisfazione nell'apprendere che, finalmente, anche la volontà di Eluana, così come quella di mio marito, è stata rispettata". "Spero", prosegue la signora Mina, "che in un  futuro prossimo non vi sia più quel vuoto legislativo in materia di eutanasia che invece ancora permane nel nostro paese". "Sono sempre più convinta", prosegue, "della necessità che anche in Italia venga creata una legge specifica sul testamento biologico, che è l'unico modo per dare ad ognuno di noi la libertà di decidere della propria vita". Dello stesso avviso anche Maria Antonietta Coscioni, radicale, co presidente dell'associazione Luca Coscioni. “Oggi è davvero una giornata importante, perché la presa di coscienza della volontà di Eluana e dell'irreversibilità delle sue condizioni di salute hanno permesso al giudice di prendere una decisione giusta e di sospendere cure inutili, che sarebbero potute continuare per chissà quanto tempo senza portare al benché minimo miglioramento”. “Spero”, prosegue la Coscioni, “che quanto accaduto oggi aiuti gran parte della classe politica a modificare il proprio punto di vista dogmatico e ad avvicinarsi di più alla realtà di moltissimi italiani che affrontano quotidianamente le problematiche che Beppino Englaro ha vissuto negli ultimi 16 anni”. E sul testamento biologico l'esponente radicale conclude: “Abbiamo già depositato in Parlamento una proposta di legge che affronti in modo chiaro sia il tema del consenso informato, sia quello della dichiarazione anticipata del trattamento. La legalizzazione dell'interruzione del mantenimento artificiale in vita, nei casi di coma profondo e irreversibile, e comunque in quelli in cui ci sia ulteriore aspettativa di vita che non sia pure vegetativa, è una scelta che  deve essere espressamente indicata in un apposito testamento biologico, di cui ogni cittadino deve poter disporre”.      

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