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Milano, museo più caro per chi abita in periferia: la follia della "città a 15 minuti" che piace al Pd

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Fabio Rubini
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Aperto da appena tre giorni, il nuovissimo museo del design (ADI) è già finito al centro di una polemica che ha per oggetto il micragnoso concetto della "città in 15 minuti". Quello cioè tanto caro al sindaco Beppe Sala che consiste nel riuscire a dare a tutti i cittadini servizi essenziali, appunto, a un massimo di 15 minuti da casa. Un concetto, va detto, applicato anche in altre grandi città europee, allo scopo di ridurre i tempi di spostamento e con essi anche l'inquinamento dovuto alla mobilità. Lo stesso, però, che a Milano ha portato alla rivoluzione viabilistica che ha ottenuto l'effetto contrario a quello desiderato ed ha allungato i tempi medi di percorrenza in città, come ha ben evidenziato una recente ricerca di Nomisma.

Proprio aderendo a questa filosofia europea l'ADI Museum ha deciso di applicare la regola dei 15 minuti nella scontistica della biglietteria. Così, si legge sul sito, i visitatori che abitano all'interno degli 11 codici postali indicati nella pagina "visite" avranno diritto al biglietto scontato: 9 euro al posto dei 12 del ticket intero. L'ingresso invece è gratuito per minorenni e studenti frequentanti scuole e università all'interno degli stessi cap. L'iniziativa, sicuramente presa in buona fede dal museo, non pare piacere in primis agli utenti, che sulla pagina Facebook di ADI parlano apertamente di «discriminazione». Anche perché, essendo il museo ubicato in semi-centro (in via Ceresio 7) a finire penalizzate sono, inevitabilmente le periferie.

 Una utente scrive: «Siete un museo di respiro internazionale non la libreria sotto casa o il fruttivendolo che fa lo sconto sulla consegna in zona». Un altro posta il suo pensiero: «Mi sfugge come si possa utilizzare la bellissima idea della città a 15 minuti per applicare una logica discriminatoria che impedirà ai ragazzi che abitano nel cap sbagliato di approfondire il design e magari diventare designer. Non è che c'è un museo del design in ogni quartiere della città». Poi c'è chi entra ancora più nel particolare della vicenda: «Una mamma del Giambellino con 2 figli spenderà 30 euro una mamma di City Life 9. Cultura al giusto prezzo per tutti, non solo per chi abita vicino». La vicenda, inevitabilmente, ha preso anche una piega politica, dove l'obiettivo da colpire non è tanto il nuovo museo del design, quanto la politica di un'amministrazione che privilegia il centro a scapito delle periferie. Così Franco Lucente, capogruppo in Regione per Fratelli d'Italia: «Non si capisce come l'idea della "città in 15 minuti" possa essere usata per applicare una logica discriminatoria sulla base della residenza, dato che non c'è un ADI in ogni quartiere. E chiaramente a essere svantaggiati sono i cittadini di periferia - spiega Lucente -, che dovranno pagare per godere della cultura che i loro pari dei quartieri bene avranno gratis. Sala non è mai cambiato: ha cominciato e ha finito il suo mandato come il sindaco attento ai quartieri del centro e totalmente disinteressato alle periferie». Lucente, poi difende anche l'ADI: «Questa operazione danneggia pure il museo, che avrebbe dovuto avere un respiro internazionale e invece è ridotto come il panettiere sotto casa che fa lo sconto a chi chiede la consegna in quartiere».

 Tutte queste polemiche hanno colto di sorpresa Andrea Cancellato, presidente di Federculture e direttore di ADI: «Siamo un servizio essenziale al pari di molti altri. Abbiamo fatto questa scelta per una sorta di gesto di benvenuto ai vicini di casa». E ancora: «Da parte nostra non c'è nessun intento discriminatorio, come testimonia l'ampia gamma di scontistica e di gratuità. Ci è sembrato giusto applicare questa politica della "città in 15 minuti". Se ci diranno che questa scelta non piace, toglieremo la riduzione del biglietto per chi abita vicino al museo, ma francamente non capisco questa polemica».

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