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Milano, il gesto choc che umilia la polizia: cosa state vedendo

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Claudia Osmetti
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Il manichino di un agente di Polizia. Ha pure il pizzetto e gli occhiali scuri. Le mani dietro la schiena e la pistola nel fodero bianco, allacciata alla cintura. Come quelle d'ordinanza. Un ragazzo si avvicina, solleva una tanica di benzina e lo cosparge, a cominciare dal cappello. In un attimo il pupazzo prende fuoco. Milano, la notte di Capodanno, quartiere Corvetto, nell'area Sud della città, via San Dionigi. C'è un video che circola da ore sul web, l'ha riproposto anche il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Si vede un albero, sulla sinistra, e una staccionata, dietro, che potrebbe delimitare un parco giochi per bambini. Il ragazzo autore del gesto è un giovane italo -ecuadoriano che risiede a Milano, ha appena diciassette anni. Jeans chiari e piumino nero. In sottofondo si sentono le voci di altre persone. Anche la pagina sociale "Welcome to Favelas" ha segnalato quei 57 secondi di video che finiscono in fiamme con un rogo modello caccia alle streghe. La svolta nelle indagini, condotte dalla polizia postale, arriva ieri quando un ecuadoriano di 37 anni si presenta al commissariato di Scalo Romana per autodenunciarsi.

 

 

 

PREGIUDICATI

Ha una lista di precedenti per reati contro il patrimonio, stupefacenti e porti di oggetti atti ad offendere: dice, in sostanza, che in Ecuador si fa così, a fine anno si brucia quello che ci si vuole lasciare alle spalle, è una tradizione, e lui voleva dimenticarsi del suo trascorso con la giustizia. Il manichino, almeno nelle intenzioni, serviva a quello. Per farlo si è fatto aiutare dal figlio e, adesso, entrambi rischiano un procedimento per vilipendio alle istituzioni.

Nel nostro Paese c'è una tradizione consolidata, in base alla quale la legge si rispetta, sempre. Ecco perché c'è chi chiede una sanzione esemplare, in modo da disinnescare il pericolo crescente di atti di violenza nei confronti delle forze dell'ordine. Riccardo De Corato, deputato di Fdi, ha fatto sapere che presenterà una legge «per inasprire questo tipo di reati (specialmente se commessi da non cittadini regolari)». Nelle periferie il rishio è serio e non può essere sottovalutato. Modesto passo indietro. Periferia sud-ovest, zona Barona, domenica notte. Sette giovani di origine nordafricana stanno danneggiando automobili e moto quando scoppia una rissa. Alcuni agenti di Polizia intervengono e, per prima cosa, vengono aggrediti. Calci, pugni, strattoni. Si salvano solo perché arrivano diverse volanti e sono ben equipaggiati. Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, dei sette tre sono arrestati e quattro denunciati. Tra di loro ci sono due egiziani di 21 e 22 anni e un 29enne marocchino. Due settimane prima, in via Cusago, a Baggio, un uomo di 47 anni è stato pizzicato con le mani nella marmellata (anzi, con tre grammi di hashish addosso) e, per evitare le manette, ha pensato di aizzare i suoi pitbull contro gli agenti che gli stavano perquisendo l'appartamento. «Sbirri di merda», ha gridato, invece, Mattia Barbieri, in arte Rondo de Sosa, rapper famosissimo sulla scena milanese, giovedì scorso ai poliziotti che l'avevano fermato per un controllo stradale.

 

 

 

COSE MAI VISTE

«In trent' anni che sono per strada una cosa del genere non l'avevo mai vista», dice Massimiliano Pirola, il segretario milanese del sindacato Sap della Polizia, «oramai ci troviamo davanti queste bande di ragazzini, specie nelle periferie. Sono miste, non solo italiani ma anche immigrati di seconda generazione. Tutti agglomerati nati nelle case popolari che non riconoscono più la deterrenza della divisa». È il manichino incendiato a smuovere Pirola: «Manca anche l'educazione delle famiglie. Cosa vogliamo fare, diventare una nuova Parigi, con le periferie (le banlieue, ndr) fuori controllo? Il problema è che noi siamo soli». Coro unanime, tra l'altro, da parte delle sigle di categoria. «Un atto che evoca dolore considerando che nostri colleghi sono saltati in aria per alto senso del dovere», Fabio Conestà, segretario del Movimento sindacale autonomo di Polizia. «Questi episodi sono l'epilogo di un percorso degenerativo della credibilità e dell'autorevolezza delle istituzioni che fa registrare un'aggressione ogni tre ore», Felice Romano, segretario del Siulp.

«Dicono che in Ecuador sia un'usanza, però qui siamo in Italia e gli usi e i costumi dovrebbero essere quelli italiani», si sfoga, infine, Pasquale Griesi, della sigla Fsp, «la nostra segreteria darà mandato ai legali per valutare un'eventuale denuncia sui fatti del manichino. La sicurezza, compresa quella, dei tanti rap e vari ragazzetti che continuano a tenere comportamenti antisociali cercando di fare notizia grazie a bravate delinquenziali, verrà comunque garantita da tutti noi che non facciamo mai un passo dietro». «Nel manichino raffigurante un poliziotto dato alle fiamme a Milano, c'è tutta l'inciviltà e la barbarie di chi non comprende il ruolo della Polizia di Stato e si assume la responsabilità, gravissima, di incitare alla violenza contro chi indossa la divisa. Ci auguriamo che ai responsabili di questo gesto sia comminata una sanzione esemplare, a monito educativo per il rispetto che si deve a chi, ogni giorno, mette a repentaglio la propria vita per la sicurezza di tutti», afferma il segretario generale del sindacato Coisp, Domenico Pianese. 

 

 

 

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