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Bellanova: con gestione crisi industriali salvati 200.000 posti

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Roma, 23 dic. (Labitalia) - Dal punto di vista delle crisi industriali il 2015 si chiude con "l'attivazione presso il ministero del Lavoro, oltre a quelli attivati insieme al ministero dello Sviluppo economico, di 1.000 tavoli di crisi, attraverso cui siamo riusciti a mettere al riparo oltre 200.000 posti di lavoro, uomini e donne che erano stati immessi in un processo di licenziamento". Lo spiega a Labitalia Teresa Bellanova, sottosegretario al Lavoro (video), precisando che "dopo l'intervento del ministero, i licenziamenti sono stati revocati e sono stati invece discussi piani industriali che danno l'opportunità di rilanciare queste imprese in crisi". Bellanova è impegnata in prima linea sul fronte caldo delle crisi industriali. In un anno e mezzo di delega, ha gestito centinaia di vertenze, portando a casa successi rilevanti come nel caso della Whirlpool. Nell'accordo firmato lo scorso luglio, l'azienda si è impegnata a non licenziare per tutta la durata del piano industriale, cioè fino al 2018, e a cancellare gli oltre 2.000 esuberi previsti. Whirlpool, che ha rilevato Indesit, ha confermato gli oltre 500 milioni di investimenti in Italia e ha 'salvato' i siti di Caserta e None, per i quali, inizialmente, era stata prospettata la chiusura. "Le crisi industriali -spiega Bellanova- sono state tante e noi abbiamo dovuto gestire la coda della crisi globale con una riduzione degli strumenti, perchè la crisi più lunga dell'ultimo secolo ha consumato tante ore di cassa integrazione". Il sottosegretario, però, ci tiene a sottolineare che il governo Renzi affronta le crisi industriali con un approccio diverso dal passato. "Sono molto convinta -aggiunge Bellanova- di dover sostenere il sistema produttivo e manifatturiero. Penso che nel nostro Paese (che ha accumulato tanti ritardi ma anche competenze e tanta capacità di saper fare), se noi vogliamo ridurre sostanzialmente quelle percentuali elevatissime di disoccupazione, dobbiamo investire in settori che hanno bisogno di tanto lavoro. Lo stiamo facendo col credito d'imposta e altre misure anche in legge di stabilità. Ma anche con un approccio diverso". "Occorre superare una certa 'pigrizia' -evidenzia Bellanova- che si è accumulata nel corso degli ultimi anni, dove di fronte a una crisi si è pensato che fosse sufficiente dare un po' di ammortizzatori sociali e che così le persone stavano tranquille e non c'erano grandi tensioni. Invece, dobbiamo guardare in faccia la crisi, dobbiamo scandagliare il perchè alcune aziende, piuttosto che altre, vanno in crisi e lo Stato deve aiutare le parti a misurarsi in modo nuovo rispetto alla fuoriuscita dalla crisi". "E' quello che abbiamo fatto in questo ultimo anno -dice- e anche la riforma degli ammortizzatori sociali è finalizzata a questo modo nuovo: li abbiamo riorganizzati, per alcuni abbiamo ridotto gli ammortizzatori sociali ma abbiamo dato la possibilità a 1,4 milioni di persone che non avevano diritto a forme di protezione sociale (i lavoratori di aziende tra i 5 e i 15 dipendenti, ndr) di poter accedere agli ammortizzatori sociali". "E abbiamo detto alle aziende: più si utilizzano cassa integrazione e contratti di solidarietà, più si paga. Così come abbiamo detto ad aziende e sindacati: se si fa ricorso alla cig a zero ore che tiene fuori le persone dal posto di lavoro, si ha diritto a un massimo 24 mesi, ma se si usano i contratti di solidarietà, che significa ridurre un po' l'orario mantenendo però tutti i lavoratori legati al sistema produttivo, si ha diritto a 36 mesi di copertura", prosegue. "Questo è lo strumento principe per non rendere compatibile la salvaguardia del reddito col lavoro nero e per dire a tutti che non è attraverso l'assistenzialismo che si risolvono i problemi ma attraverso nuovi investimenti e progetti industriali", afferma Bellanova. "Un lavoratore disoccupato o uno che viene messo fuori dal posto di lavoro -avverte il sottosegretario- non è realizzato solo se gli si garantisce un reddito. Le persone sono realizzate se possono dare il proprio contributo alla crescita del Paese e se tornano a casa sapendo di aver portato un giusto reddito, perché -conclude- il lavoro non è solo sicurezza economica, è anche identità".

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