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Facci: "La giustizia reale è un tritacarne"

Nicoletta Orlandi Posti
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Incaponirsi sulla responsabilità civile dei giudici, di questo passo, finirà per allontanare dalla verità: cioè che il problema non è tanto e solo sanzionare gli errori più macroscopici dei magistrati (che potrebbero anche fottersene: gli basta un'assicurazione da 150 euro annui) ma è evitare l'incredibile quantità di sciatterie quotidiane che sono il vero cancro del nostro sistema, qualcosa che in Italia è impunibile per definizione. Si parla, cioè, dei detenuti dimenticati in carcere, delle ingiuste detenzioni che peraltro ci costano milioni di euro, delle decisioni arbitrarie e senza motivazione, delle indagini mai fatte, dei rinvii a giudizio d'ufficio, dei tempi dilatati per pigrizia o per ferie, delle tante sentenze da cui si arguisce che non c'era nessuna ragione di procedere, né di arrestare, sequestrare, intercettare, rovinare la vita altrui o bloccare una carriera o un'attività. La giustizia reale (non in tutti i casi, comunque in troppi) è fatta di queste cose, di bizantine vessazioni che s'infoltiscono come il pelo che magistrati e avvocati hanno già sullo stomaco dopo un paio d'anni a palazzo di giustizia. Un cittadino che vi entra, a palazzo di giustizia, non ha il problema di poter denunciare il suo giudice: ha il problema del giudice, cioè di sapere se è una persona corretta e coscienziosa, anche perché sa benissimo che il magistrato buono e quello cattivo hanno fatto la stessa carriera: gli bastò vincere un concorso qualche decina d'anni prima. di Filippo Facci

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