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Vittorio Feltri sulle dimissioni di Luigi Di Maio: "Il dilettante molli anche gli Esteri"

Gabriele Galluccio
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È la fine di un bluff, di una montatura. Non deve stupire che Luigi Di Maio abbia ceduto le armi che non aveva, ma continua a sorprendere che egli, per lungo tempo, sia stato al timone del partito di maggioranza relativa. Come è possibile che un personaggio tanto modesto sia riuscito a salire al vertice, e a rimanerci fino a ieri, di un movimento che alle ultime elezioni politiche ha preso il 33% dei voti, è e resta un mistero. Mentre la sua caduta risponde alla logica: Gigino si è rivelato quasi subito incapace di gestire un gruppo imponente e perfino se stesso. Per approfondire leggi anche: "Perché si è dimesso alla vigilia del voto" La sua esperienza ai piani alti del baraccone grillino si conclude nel peggiore dei modi, ma è stata coerente con la nullità culturale dell'ometto, troppo giovane e impreparato per dirigere una forza elettorale numericamente di rilievo. Se egli ha fallito tuttavia la colpa non è solamente sua. I pentastellati ebbero successo perché predicavano contro l'euro, contro Bruxelles, e strombazzavano teorie sovraniste e populiste. Poi, una volta conquistato il potere, hanno fatto dietrofront. Hanno cominciato a rompere le palle col reddito di cittadinanza, si sono allineati ai precetti di Angela Merkel, si sono affidati a Giuseppe Conte, hanno introdotto l'abolizione della prescrizione. Insomma hanno sposato una linea opposta a quella che avevano dichiarato di perseguire in campagna elettorale. Il pilota Di Maio, non in grado di manovrare neppure uno scooter, ha guidato la macchina contromano e inevitabilmente è andato a sbattere. Ora è ferito e rischia il decesso politico, secondo demerito. Tralasciamo di insistere sul salto della quaglia, dalla Lega al Pd, che di per sé era un tentativo di suicidio. Tralasciamo le difficoltà di Luigino nella coniugazione dei verbi italiani. Tralasciamo le burrasche fiscali dei famigliari. Sorvoliamo per pietà su certi lati della sua personalità che lo rendono buffo. Non è bello infierire sugli sconfitti. Sussiste un problema. Di Maio non è più un leader, e ciò è consolante, eppure egli non smette di essere un piccolo ministro degli Esteri di un grande Paese quale il nostro, che seguita a prendere dei granchi. Questa stagione caratterizzata dal dilettantismo e dall'improvvisazione deve chiudersi in fretta. Altrimenti sarà una tragedia. Avere un governo inferiore al livello medio dei cittadini è nocivo. O ci liberiamo in fretta dei poveri grillini oppure ci ritroveremo feriti o defunti in fondo al burrone. di Vittorio Feltri

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