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Maurizio Costanzo: "Floris batterà Giannini. Il futuro sono i canali all news"

Nicoletta Orlandi Posti
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«Vuole sapere com'è la tv di oggi»? Beh, mi sembra un buon punto di partenza maestro Maurizio Costanzo. «Eh, maestro su... La televisione di oggi è una televisione sostanzialmente priva di identità. Per colpa di tutti e di nessuno. Non si possono fare diecimila talk show, politici quasi tutti, per poi fare come Giovanni Floris e Massimo Giannini. E alla fine vincerà Dimartedì. Giovanni è più esperto e lo si è visto». E di Michele Santoro che mi dice? Ha detto che questa è l'ultima stagione con la formula tradizionale. «Michele è andato bene. Anche se nella prima puntata ha trattato temi sociali, occupandosi di Napoli. Però il problema è un altro». E qual è il nodo vero? «Nella televisione italiana, sia pubblica che privata, c'è una profonda crisi di autori e di idee. Vede, io qui ho undici televisori accessi che scruto sempre. Però alzo l'audio solo per Skytg24. Per le notizie. Sono convinto che i canali all news siano il futuro». E di tutto il resto cosa guarda? «Pillole, solo e soltanto pillole. La copertina di Crozza a Ballarò, l'editoriale di Santoro a Servizio Pubblico. Questi programmi, ormai, offrono solo storie che si ripetono». E qual è la cura allora? «Se i dirigenti delle emittenti pubbliche e private capissero che la cosa che costa meno è l'idea favorirebbero l'arrivo delle novità. Invece di fare l'ennesimo restyling ad un vecchio format, potrebbero investire sulle persone». Eppure tutti continuano a sfornare talk. Dicono che costano poco. «È vero che in tutto il mondo il talk è il programma più frequentato perché costa meno. Il problema che abbiamo noi in Italia è che sono tutti programmi politici. Il talk è altro!». Che nessuno affronta. «Io ho fatto 27 anni di tv...». Però lei ha anticipato tutti e il suo programma era uno specchio dell'Italia. Oggi non lo sono. «No, esattamente. Sono specchi di loro stessi e i dibattiti interessano poco agli italiani. Se in casa c'è il ragionier Fraschetti ed ha la televisione accesa su un talk politico vorrei chiedergli, quando il programma è finito: me dice de' che hanno parlato?». Immagino la risposta. «Non è difficile su...niente...». Dottor Costanzo, come vede allora l'operazione messa in piedi da Urbano Cairo con La7? «A me piace l'idea di fare una rete come quella pensata da Cairo, una sorta di Cnn all'italiana, ma deve lavorare all'interno dei prodotti. Di sicuro con la scelta fatta si distingue dagli altri. Io sono convinto che in futuro Floris recupera e Giannini andrà sempre peggio». Salva Dimartedì? «Sì». Qual è la sua personale classifica? «Ad oggi direi Santoro, Floris e Giannini. Gli altri se la vivono insieme.Ah, ovviamente Bruno Vespa, ma lui è una storia a parte rispetto agli altri». Ecco, a proposito di Rai. Qual è il peggior difetto dell'emittente pubblica? «Da molte parti sento dire che non si può più fare il varietà. E chi l'ha detto? Certo, se poi l'offerta è quella di Max Giusti, è ovvio che non se po' fa' il varietà. Magari potrebbero sviluppare l'idea attorno a Pechino Express. È un embrione». E Mediaset? «Io non riesco più a fare un discorso Rai e Mediaset. Per dire: le domeniche televisive delle due emittenti si assomigliano. Ecco perché parliamo di Cairo. Si stacca da tutto questo». Ma c'è qualcuno che viene a chiederle qualche consiglio? «Guardi, io ho fatto tanto e faccio ancora qualcosa in televisione. I consigli bisogna darli in età più verde che si ha anche modo di recuperarli». Mi scusi, ma quest'idea del giovanilismo di Renzi a tutti i costi non le sembra un po' eccessiva? «Si, sono assolutamente d'accordo. Però non ho antipatia per lui. Spero che ce la faccia, non ci sono alternative. Rispetto ai precedenti poi». E Silvio Berlusconi? «Guai a darlo per morto. Ci sentiamo due volte all'anno, al telefono». Maestro, la tv così così, il resto pure. Cosa rimane per salvarsi? «La Radio, il mio primo amore dato che ho iniziato lì nel 1970. Oggi conduco due appuntamenti su Rtl 102,5 la prima radio privata italiana e i risultati sono strabilianti. Ecco dovremmo davvero ripartire da lì, da questo mezzo eccezionale che merita di essere riscoperto». di Enrico Paoli

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