Selvaggia Lucarelli: In Italia si discute solo per questioni di cucina
Meriteremmo tutti di finire in un'enorme tavolata lunga dalle Alpi a Lampedusa, noi italiani, e di morire ingozzandoci come ne La grande abbuffata. Perché va bene che il cibo è storia e cultura e piacere e identità e patrimonio nazionale e tutte le menate che chiunque, dai cultori del pomodorino km zero a quelli del Camogli al km 450, proclamano tronfi, ma il menù di feroci polemiche culinarie servito negli ultimi mesi dal Belpaese, è una delle cose più ridicole dell'ultimo secolo. Per chi se li fosse persi perché impegnato a zappare il suo orto dove coltiva il dragoncello bio, ecco le cinque battaglie più cruente della sanguinosa guerra dei cent'amidi: 1) Striscia-gate. Secondo Striscia la notizia, Stefano Callegaro, vincitore dell'ultima edizione di Masterchef, non sarebbe un cuoco dilettante come da regolamento ma un professionista che avrebbe lavorato in alcuni ristoranti come cuoco promotore per Knorr. Segue un'indagine con quaranta testimoni a deporre, dichiarazioni incrociate e confronti all'americana, macchina della verità su una lasagna omertosa per indurla a parlare e il Ris che fa il luminol nella cucina di Cipriani a Venezia per vedere se magari, tagliandosi il mignolo mentre affettava la cipolla, sono rimaste tracce di sangue di Stefano sul tagliere di legno. Una roba che se le indagini sull'omicidio Meredith le avesse condotte Ricci, avremmo saputo pure se Amanda nell'ora del delitto, s'era grattata l'ascella destra. Ma non è questa la parte ridicola. Sette ex concorrenti di Masterchef (tra cui ovviamente c'è quella simpaticona di Arianna), alla luce delle scoperte di Striscia, decidono di fare causa alla produzione del talent. Le dichiarazioni sono esilaranti. «La situazione è delicata ma io sono garantista», dichiara Filippo, come se si stesse parlando di tangenti, anziché di tajiine. E ancora: «È un diritto degli italiani sapere la verità». Della serie: 'sti cazzi di Ustica, ma su Stefano vogliamo andare fino in fondo. Serena afferma: «Io sono disoccupata e ho speso i mei risparmi per poter vivere a Milano e darmi un'opportunità». Che uno avrebbe voglia di dirle: e non facevi prima a citofonare ai ristoranti di zona e chiedere un lavoro anziché pagare per farti sputare nel piatto da Bastianich? E poi c'è il paradosso. I sette rivoltosi saranno assistiti legalmente dal vincitore della seconda edizione di Masterchef, l'avvocato Tiziana Stefanelli. Ovvero una che grazie al talent ha avuto gloria, lavori ben pagati, libro pubblicato nonché una vittoria contestatissima dal pubblico da casa che la trovava scorretta e simpatica quanto Alessandra Moretti mestruata. Insomma, una che a ingratitudine è seconda solo a Angelino Alfano. E anche la Stefanelli vaneggia non poco: «Credo sia doveroso far luce sulla vicenda per dare onore a questo titolo che ho conseguito». Titolo? Onore? Ma l'ha capito che ha vinto un talent per aver cucinato il miglior risotto con la zucca e non il premio Falcone per l'impegno antimafia? 2) Ma attenzione perché proprio l'avvocato di Masterchef, un paio di mesi fa, era stato a sua volta protagonista di un'altra vicenda di quelle che indignano gli italiani. Durante uno spot promozionale Star, aveva dichiarato incautamente che «Senza dado non c'è caponata». Se avesse detto: «Domani vado all'Angelus in piazza San Pietro e provo a far fuori il papa centrandolo con la mia vecchia balestra», avrebbe suscitato meno scalpore, ma ha toccato una ricetta locale, ha osato profanarla inserendoci il dado e allora apriti cielo. Mezza Sicilia è insorta. Un altro po' e l'Etna spazza via Catania. Pagine e pagine su facebook con migliaia di iscritti del tipo «No al dado star nella caponata» o «La caponata siciliana non va profanata». O «La caponata si fa senza dado, bestia!». Ora sappiamo che si rischia meno a dire che in un comune siciliano c'è infiltrazione mafiosa, che «nella caponata c'è l'infiltrazione del dado». 3) Poi c'è la vicenda Cracco e la sua frase da “kamikaze del fornello” sulla amatriciana. Va dalla De Filippi e sostiene che il segreto per una buona amatriciana sia l'aglio in camicia. Figuriamoci se in questo paese così povero di problemi e priorità, il Comune di Amatrice non interviene prontamente sulla questione con una lettera dura, un j'accuse pesante in cui gli abitanti si dicono sconcertati e si augurano che quello di Cracco sia solo un lapsus. Fortuna che Cracco si è limitato a inserire l'aglio, avesse citato pure la cipolla, il comune di Amatrice avrebbe chiesto un tso coatto per il Cracco nazionale. Detto ciò, aveva ragione il Comune di Amatrice: il segreto del successo di Cracco non è l'aglio in camicia, ma lui senza, al limite. 4) Stessa sorte è toccata alla Clerici, che durante La prova del cuoco si è cimentata nella preparazione dei pizzoccheri. Dice che per prepararli servono latte, olio e fonduta di formaggio d'alpeggio e la Valtellina minaccia la secessione. La ricetta è sbagliata. Eresia. Viene chiesta la scomunica di Anna Moroni e che la Clerici sia arsa viva sui fornelli come Giovanna D'Arco, immolata alla fede del sacro pizzocchero. Interviene perfino il presidente dell'Accademia del pizzocchero di Teglio, il quale squarcia il velo di omertà su questo scandalo: non quello della ricetta del pizzocchero, ma quello dell'esistenza di un'Accademia del pizzocchero, naturalmente. 5) E infine c'è Expo. McDonald's sponsorizza l'evento e gli italiani si scandalizzano come se youporn sponsorizzasse il Giubileo. Dall'account ufficiale di Expo parte un tweet sulle arancine in cui però c'è scritto “arancini” al maschile e inoltre, nella foto, gli arancini contengono l'uovo sodo. Non sia mai. Si passa da serie minacce di guerre civili tra palermitani (che sono per l'arancino meticcio) e catanesi (che sono per l'arancino ariano) a minacce più serie di far ripartire i mille, ma da Marsala, per radere al suolo Milano, da cui è partito il tweet blasfemo. Morale: che i padiglioni non siano pronti, che le gare d'appalti siano più truccate della Parietti, che l'inaugurazione rischi di slittare a quando Garko sposerà una donna, non frega una beata mazza a nessuno, ma se dalle parti di Expo si osa associare l'arancino all'uovo sodo, l'italiano insorge. Mi permetto di dare un consiglio a Beppe Grillo: se davvero vuole far fuori politicamente Renzi, anziché bandire il suo nome dal blog, provi a scrivere un post in cui attribuisce al premier la frase «Sul lampredotto ci va il Philadelphia!». Tempo dieci minuti e gli italiani sono sotto Palazzo Chigi con sessanta milioni di forconi da cucina pronti a defenestrarlo. Scommettiamo una cena da Cracco? di Selvaggia Lucarelli