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Pier Paolo Pasolini, l'amico: "Programmava il suo suicido da anni, le prove nei suoi scritti"

Giorgio Pinotti
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Secondo un amico di Pier Paolo Pasolini, il poeta avrebbe orchestrato il suo suicido per anni, cercava l'immortalità nel modo di lasciare questa terra. Per Pasolini il giorno dei morti era quello giusto. Anzi, l'unico possibile. Era un giorno particolare, quel 2 novembre del 1975: una domenica. Pasolini doveva morire quel giorno. Perché di domenica era morto, nel 1945, suo fratello Guido, partigiano di ispirazione nazionalista assassinato da guerriglieri comunisti. E di domenica, o in un giorno di festa, muoiono quasi tutti i protagonisti delle sue opere.  L'immortalità - Ma Pasolini non si rassegnava a morire come un uomo qualunque. Voleva sopravvivere a se stesso, come Dante, come Shakespeare. L'oblio lo atterriva: "Non appena uno è morto si attua, della sua vita appena conclusa, una rapida sintesi. Cadono nel nulla miliardi di atti, espressioni, suoni, voci, parole, e ne sopravvivono alcune. Un numero enorme di frasi che egli ha detto in tutte le mattine, in tutti i mezzodì, le sere e le notti della sua vita, cadono in un baratro infinito e silente". Quindi si è fatto uccidere. Di più: ha passato gli ultimi quindici anni della sua esistenza a programmare con meticolosità il come, il dove, il quando. L'ha perfino lasciato scritto: "Ucciso a colpi di bastone". Era sufficiente saper leggere.  L'amico - È quello che ha fatto Giuseppe Zigaina: s'è letto e riletto tutto Pasolini. Una, dieci, cento volte. Sopra, sotto, dietro, dentro le righe. Da 24 anni, da quando il suo amico Pier Paolo scelse di diventare "regista martire per autodecisione". Zigania racconta di come conobbe Pasolini:" Nell'autunno del ‘45. Io esponevo con altri a Tricesimo e Pier Paolo, critico d'arte del Mattino del Popolo di Venezia, venne per recensire la mostra. Entrammo subito in simpatia". La morte - Poi parla della morte del poeta: " Vede, occuparsi di paleoagricoltori significa per forza occuparsi dei loro sacrifici umani per propiziare abbondanti raccolti. E infatti Pasolini, col proprio sacrificio, spera di procurarsi raccolti culturali come poeta. Sceglie di farsi ammazzare a Ostia, dal latino hostia, che vuol dire vittima sacrificale. La particola che il sacerdote consacra durante la messa si sovrappone nella mente del lettore al nome della località laziale".  Gli scritti - Secondo Zagania in polte poesie, Pasolini scrive del suo progetto: "Innanzitutto Comunicati all'Ansa, che sono nove poesie, in cui descrive le ragioni e le fasi della sua terribile fine. In Comunicato all'Ansa (Ninetto) sono addirittura riassunte le sequenze del proprio suicidio per delega. E poi Una disperata vitalità, nove capitoletti, nell'ottavo dei quali Pasolini rivela tutto: 'Mi decomporrò... sulle rive del mare in cui ricomincia la vita'. Ostia è sul mare, la vita è quella del dopo. 'Ora è il tempo della psicagogica... È così che io posso scrivere temi e treni e anche profezie...'. La cerimonia psicagogica era il rito con cui nelle antiche civiltà mediterranee si trasportava il defunto nella città dei morti. Quindi in quel verso c'è un messaggio funebre. Su dizionario Zingarelli. Tra le definizioni di tema, alla quarta accezione, avrebbero trovato: (Raro, letterario): Esempio. Dunque: è così che posso dare esempi con la mia morte. E alla voce treno, seconda accezione: Canto funebre. Ha passato la vita, Pasolini, a parlare del gesto come esempio".  L'epigrafe - Poi continua: "La 467, del volume Le poesie che Garzanti pubblicò nel 1975, appena morto Pier Paolo. Lo vede com'è composta. A epigrafe. Così i tipografi chiamano la composizione a righe centrate: a epigrafe. L'unica poesia composta in questo modo. Tutte le altre contenute nel libro sono a righe sbandierate da sinistra verso destra. Epigrafe non è forse sinonimo di annuncio mortuario nel linguaggio comune? Infatti all'inizio dice: 'Conclusione funerea'. Sottinteso: della sua carriera di poeta. Cioè la morte. Un altro esempio? Patmos. Pasolini rievoca le 14 persone straziate dalla bomba (Piazza Fontana) alternando i suoi versi con quelli dell'Apocalisse. Cita tutti i morti per nome in ordine alfabetico, ma all'improvviso introduce una strana eccezione: nell'elenco mette Pietro Dendena prima di Paolo Gerli. In questo modo i nomi di battesimo delle due vittime vanno a formare il nome di battesimo suo: Pietro-Paolo, Pier Paolo. Non è tutto. Pasolini esclama: L'è il dì di mort (tutti presenti), espressione in dialetto milanese che il poeta Delio Tessa usa in una sua lirica. Dopo ciascun nome delle vittime di piazza Fontana, il poeta scrive 'presente', che significa 'morto'. Ma quando arriva a Pietro Dendena e Paolo Gerli usa la parentesi: '(presente)'. Spiegazione: nel giorno dei morti tutti e due, Pietro e Paolo, saranno presenti, cioè morti. Pier Paolo sarà morto. La parentesi è una sospensione del senso della parola. Infatti siamo nel 1969 e lui è ancora vivo. Però sa già che di lì a sei anni morirà". I motivi - Nei poemi secondo il pittore si trovano anche i motivi che spingono Pasolini a quel tipo di morte: " 'O esprimersi e morire o restare inespressi e immortali'. E ancora, rivolgendosi a se stesso, 'uccelletto friulano': 'Te ne andrai in un verso'. Cioè morirai facendo poesia. Pasolini vede la morte come un faro che illuminerà retroattivamente la sua opera e la sua vita. Ma non intende andarsene da sconfitto, passivamente. Per cui è lui, la vittima, a scegliere il suo carnefice".   Il carnefice - "Un ragazzo di vita, con precedenti penali. Si conoscevano. Lo rimorchia in piazza dei Cinquecento e lo porta a mangiare. È mezzanotte e tre quarti quando escono dal ristorante Pomodoro, quindi siamo già al 2 novembre, lo ammette persino Siciliano, il che rende quindi grottesca la retrodatazione della morte di Pier Paolo al 1° novembre. Si appartano in un campetto di calcio a Ostia. Anche qui c'è una simbologia religiosa: il recinto sacro." La fine - Zagania afferma che poco importa che Pino Pelosi fosse a conoscenza del progetto, ma se non lo fosse stato Pasolini sarebbe riuscito nel suo intento "aggredendo per primo. Pasolini tenta di violentarlo con un palo di legno, un affronto intollerabile nel codice della prostituzione maschile, perché i ragazzi di vita sono sempre attivi, mai passivi. Ne nasce una feroce colluttazione, che consentirà poi a Pelosi di difendersi davanti ai giudici nel migliore dei modi e garantirsi così una mite condanna: mi ha assalito, ho perso la testa, gli ho dato una bastonata, sono salito in auto e scappando l'ho investito senza volerlo. Ma i giudici hanno lasciato un margine di dubbio su altri due sicari, che potrebbero essere stati pagati da Pasolini per completare l'opera di Pelosi. Nulla fu lasciato al caso. Le perizie anatomopatologiche attestano che Pasolini è morto per schiacciamento del torace, provocato dalle ruote della Giulietta 'nata sotto una cattiva stella', come aveva scritto. L'auto gli passò due volte sul corpo." Quindi spiega come avveniva Il rito sacrificale, presso le antiche civiltà contadine dalla Palestina al Perù, per propiziare messi rigogliose: "Alla vittima, ricoperta di spighe di grano, si schiacciava il torace, a imitazione di ciò che avrebbero fatto poi le pietre del mulino o il mortaio africano con i chicchi." Il progetto - L'idea Pasolini, secondo il pittore la concepisce "fra il 1958 e il 1960 subentra una grande crisi esistenziale e poetica. Pier Paolo ha la 'Visione' di ciò che dovrà essere la seconda metà della sua vita. Nella prima metà dice d'aver piantato 'la pianta della Passione', nella seconda pianterà 'la pianta del Gioco', e si giocherà il tutto per tutto: la vita nella memoria degli uomini, per i secoli dei secoli. È pressato da angosce indicibili. Non può permettersi di morire per un cancro o investito da un bus. Deve attendere che il 2 novembre coincida con una domenica. È già in ritardo rispetto alla morte del Cristo, avvenuta a 33 anni: ne saranno passati in tutto 20 quando metterà in atto il suo progetto. Muore infatti a 53 anni".  

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