Facci

A "Repubblica" il diritto alla privacy vale solo per Valerio Onida

Andrea Tempestini

  di Filippo Facci Che bello, hanno tutti ragione. Ha ragione Valerio Onida quando dice che lo scherzo telefonico che gli hanno fatto quelli della Zanzara, fingendo di essere Margherita Hack, è contro la legge perché i due hanno reso pubblica una conversazione privata. Ha ragione chi osserva che per rendere pubblico uno scherzo, telefonico o meno, di norma serve una liberatoria firmata. Hanno ragione i due colleghi insetti, Cruciani e Parenzo, secondo i quali la pubblicazione della conversazione privata tuttavia si ossequiava a una rilevanza pubblica,  cioè alla notizia che uno dei «saggi» giudicava inutili proprio i saggi. Però ha ragione anche Michele Serra, che su Repubblica (su Repubblica, sì) ha scritto che l’uso estorto di immagini e parole ormai viene riconosciuto come accettabile da un’informazione che sconfina nello spettacolo; Serra ritiene che Onida, per esempio, non dovesse scuse a nessuno perché ha soltanto espresso delle private opinioni e di questo non si può essere colpevoli: e ha ragione. Aggiungo che in questo andazzo, come dire, à la guerre comme à la guerre: chi non vuole un tapiro - opinione di chi scrive - farà bene a ritirarlo in testa a chi voglia imporglielo, mentre personalmente aspetterei sotto casa un collega che mi carpisse un fuori onda, e a certi molestatori da talkshow farei volentieri assaggiare la tomaia delle scarpe.  Quindi, in teoria, ha ragione anche Gad Lerner, che sul suo blog è ripartito da Adamo e Eva e ha attribuito la nascita dell’infotainment (informazione mista a intrattenimento) non a una fisiologia d’importazione, bensì a Bruno Vespa, colpevole d’aver affiancato Valeria Marini a Gianfranco Fini sin dal 1996; diciassette anni dopo, invece, Lerner individua Beppe Grillo come catalizzatore di «cercatori di audience con patina d’anticonformismo creativo come i conduttori della Zanzara», definizione oggettiva quanto carica di snobistico sprezzo; dopodiché, sempre sul blog, Lerner giunge a mischiare Vespa, Grillo, Zanzara e Gabibbo in un unico percorso di «abbruttimento dell’umano e ridicolizzazione dell’impegno». L’umano impegno, presumibilmente, è quello di Gad Lerner, che l’audience in effetti non l’ha mai cercata e neppure casualmente trovata. Nota: tutto questo accade solo perché Valerio Onida è amico suo.  Più che di infotainment, però, Serra e Lerner dovrebbero occuparsi di double standard: il loro, o perlomeno quello del quotidiano che ospita i loro corsivi. Perché stiamo parlando di Repubblica, l’organo ufficiale della pubblicazione di ogni fotografia, filmato, colloquio, telefonata, fuori onda, qualsiasi cosa che riguardi il nemico politico o perlomeno chi a Repubblica stia fieramente sulle balle. Lecito, illecito, penalmente irrilevante, vero, falso, depositato o meno: Repubblica in questi anni ha pubblicato ogni cosa e ne ha fatto una religione, la stessa contro la quale - accoratamente - Michele Serra ora mostra un’antipatia peraltro condivisibile.  Ma è un dibattito già fatto, a pensarci: precisamente nell’estate 2009, quando il gruppo Repubblica pubblicò le registrazioni privatissime (anche queste «carpite con l’inganno») che Patrizia D’Addario aveva fatto nella camera da letto di Berlusconi; si parlava di dolori rettali, preservativi e altri affari di Stato. E ci hanno fatto scioperi e manifestazioni - sul tema, non sui dolori - e hanno gridato al golpe nell’ipotesi di una legge che regolasse meglio la privacy: la quale, pure, risulterebbe già regolata. Repubblica del resto ha diffuso ampiamente anche la presunta intercettazione (presunta perché non è neppure mai stata depositata agli atti) in cui Angela Merkel fu definita «culona» e altri dettagli irrinunciabili.       Ecco perché - mancava - forse ha «storicamente» ragione anche Marco Pannella, che il giorno dopo lo scherzetto a Onida ha semidistrutto lo studio della Zanzara buttando all’aria tutto - microfoni, computer, Parenzo e altri oggetti - perché è pazzo, va bene, ma anche perché vede lungo. Non puoi pretendere di invitare in trasmissione Giacinto Pannella detto Marco (classe 1930) e poi imbrigliarlo come vuoi tu, dicendogli pure che «non ce ne frega un cazzo» dei suoi appelli; Pannella faceva appelli quando Cruciani e Parenzo erano due embrioni, e da lui devi sempre aspettarti l’inaspettabile perché è sempre in anticipo di dieci anni: anche stavolta, probabilmente, ha già disegnato e combattuto un fantasma prossimo venturo, il mobbing mediatico. Ma naturalmente certo, hanno ragione anche loro, Cruciani e Parenzo: chiedono che gli ospiti non sfascino tutto e che non li mandino al pronto soccorso, cortesemente: dove peraltro - reparto neuro - da tempo è giusto che vadano.