Il retroscena di Vittorio

Feltri: "Quando Andreotti mi chiese di avviare una campagna stampa per difenderlo dal processo per mafia"

Sebastiano Solano

Metti una sera insieme a cena...Potrebbe iniziare così il racconto che Vittorio Feltri fa di un retroscena che vede come protagonisti lui, Giulio Andreotti e Paolo Cirino Pomicino. E' il 1994 e i tre si ritrovano insieme a cena per discutere del processo più discusso della storia politica italiana: quello, appunto, ad Andreotti. L'accusa è di quelle pesanti: concorso esterno in associazione mafiosa.  La battaglia contro Andreotti - Feltri racconta innanzitutto della sua totale opposizione, negli anni incui era corrispondente all'Eurpoeo, ad Andreotti, al suo clericalismo, all'andreottismo, al Caf. Quindi rievoca l'invito a cena e il tema della discussione: "La chiacchierata entrò subito nel cuore del problema: manco a dirlo, quello giudiziario che angustiava il senatore a vita (nominato tale da Francesco Cossiga, consapevole dei guai del collega). Andreotti raccontò per filo e per segno l'ingarbugliata vicenda".  La folgorazione - Poi la rivelazione: "Calmo, lucido, sintetico, egli mi persuase dell'opportunità di intraprendere una campagna di stampa, lunga e sistematica, che colmasse un vuoto. Quale? L'apparato informativo nazionale ( cartaceo e televisivo) enfatizzava i rintocchi petulanti della campana accusatoria e ignorava perfino i trilli del campanello difensivo. Uno sbilanciamento intollerabile". Una campagna stampa a senso unico a cui Feltri decise di porre rimedio: "Raccolsi la perorazione e avviai sul Giornale (poi anche su Libero) la pubblicazione di una serie martellante di articoli che mettevano in luce gli argomenti a sostegno dell'innocenza di Andreotti. Della quale non dubitavo".