Amici

Renzi, Strada, Saviano: i nemici del Cav che fanno la coda da Maria

Andrea Tempestini

di Fabrizio Biasin Le «Berluschene» sono misteriosi esseri mitologici nemici di Silvione da Arcore: lo schifano, lo detestano, ci sputazzano sopra se possono, lo infamano da par loro, dicono «Silvio infingardo, Silvio arrapato, Silvio cattivo esempio, Silvio con la pompetta». Epperò, alla stregua delle falene, non possono fare a meno di sbattere la capoccia contro il loro nemico giurato, perché senza di lui sono fottute, spacciate, destinate all’estinzione come miseri panda spelacchiati.  E così, come la falena punta la luce, l’uomo di sinistra chiede aiuto a Maria. Che non è la mamma di Gesù, ma a miracoli è messa piuttosto bene. E si tratta della De Filippi, unica e sola, capace di trasformare ragazzini in vere pop star (Amici), tamarri da quattro soldi in grandi amatori (Uomini e Donne), bravissima soprattutto a dare ossigeno a chi arranca o cerca il riflettore giusto al momento giusto. Così è capitato con Matteone Renzi, il figo della sinistra che per qualcuno è di destra e fa finta di stare a sinistra e per qualcun altro e di sinistra ma fa finta di stare a destra, perché a guardar bene chi è di sinistra in un modo o nell’altro fa la fine dell’eskimo: va in soffitta.  Cosa ti combina l’astuto Matteo: deve conquistare gli ultimi cinque che in Italia non hanno pensato «come è sveglio questo qua»? E allora si infila il giubbotto di Fonzie e in total black va a fare la micidiale comparsata in prima serata. E sono osanna, e sono applausoni a scena aperta, e il consenso schizza come chicco di grano gettato nel cratere dell’Etna. E lui tira su il pollice e fa «ehiiii» come Fonzarelli, ringrazia Maria, di sponda pure Silvionesuo, e torna a casa a specchiarsi e a dire «specchio specchio delle mie brame...». E il Berlusca come reagisce? Lascia fare, ché lui non è un pirla e sa che se uno pubblicamente lo manda affanbrodo ma poi chiede udienza a Maria, è un po’ come se si tirasse la zappetta sui piedini. Che poi non è propriamente il caso di quel paraculaccio del Renzi, capace di andar d’accordo con il Guelfo e il Ghibellino. Semmai invece possiamo tirare le orecchie al chirurgo, filantropo, pacifista italiano, fondatore dell’ong Emergency e tanti altri peana, Gino Strada. Pure lui si fa un giro sulla giostra di Maria, alla semifinale, e pazienza se in passato non ha mai risparmiato la tirata d’orecchie, l’attacco gratuito, il rimbrotto a Silvio, ovvero a colui che gli permette di dire quel che vuole tra cantanti e ballerini in erba.  E uno dice «Vabbè, in fondo Strada ha rotto le scatole pure a D’Alema e Prodi». Eh, lui sì. Ma Saviano invece no. E qua e là c’è chi mormora che per la finale prossima ventura del talent defilippiano, una poltrona sia già pronta per ospitare il celebrato autore di «Gomorra» e «ZeroZeroZero». Solo che «Gomorra» lo conoscono pure a Timbuctù, mentre il libro sulla coca ha sì venduto, ma molto meno rispetto alle previsioni. Diciamo che siamo passati dai due milioni di copie (più filmone pluri-premiato) di «Gomorra», a meno di 500mila (la tiratura dell’ultima opera). Che non è edita Mondadori perché Saviano con Silvio non vuole avere niente a che fare a meno che non si tratti di farsi pubblicità. E allora pare che in accordo con la nuova casa editrice, la «Feltrinelli», Robertone sia disposto a turarsi il naso, a far finta di niente, a improvvisare un passo a due con Garrison di «Brian & Garrison», a fare il bello e cattivo tempo non più dall’amico fraterno Fazio, bensì in casa del Cavaliere. In barba alla coerenza perdinci.  Al Biscione non confermano e non smentiscono ma in ogni caso sappiamo già come si comporterà il Cav, lascerà fare, che tanto sa come vanno certe cose: alla fine dei conti - attori, politici, nani e ballerine - prima o poi tutti gli chiedono un favore. E un favore non si nega a nessuno. Manco alle «Berluschene».