La sfilata capitolina

C'è il Gay Pride. E Marino cala le braghe

Andrea Tempestini

Alla fine, dopo le proteste degli organizzatori del Gay Pride, Ignazio Marino ha calato le braghe. Il neo eletto sindaco di Roma, dopo aver trascorso la campagna elettorale a discettare di diritti civili, un paio di giorni fa ha bellamente annunciato che avrebbe disertato la manifestazione di orgogliogaya Romaperché voleva passare un po’ di tempo in famiglia. Gli organizzatori del Roma Pride, a quel punto, si sono imbufaliti, giudicando il suo comportamento «irrispettoso e offensivo ». Bene, ventiquattr’ore dopo Marino ha cercato di correre ai ripari, pubblicando su Facebook un video terrificante. In primo piano c’è il sindaco, ripreso a mezzo busto, probabilmente per nascondere i pantaloncini corti sotto il k-way blu. Sullo sfondo, il tipico paesaggio alpino: monti imponenti, prati verdi e una baita in lontananza.  Povero Ignazio: si stava godendo la gita in montagna e, mentre andava a cogliere margherite, i suoi collaboratori l’hanno interrotto per fargli dichiarare qualcosa sul Gay Pride e ricucire lo strappo con la comunità omosessuale. Ed ecco che il sindaco molla la picozza e si mette a registrare, sperando di non disturbare la quiete delle vacche frisone nei dintorni. Segue sublime dichiarazione: «Con il mio cuore, con il mio pensiero sono lì con voi al Gay Pride della Capitale d’Italia». Detto con sincerità, vien più facile pensare che con il pensiero Marino stesse dentro qualche rifugio a ingozzarsi di polenta e cinghiale, ma tant’è. Ben gli sta, comunque: per guadagnare voti si riempiva la bocca di frasine dolci sulle coppie di fatto, poi alla prima occasione ha svicolato per non irritare i vicini d’Oltretevere. Ipocrisia marinesca a parte, non si capisce perché un sindaco debba essere obbligato a partecipare al Gay Pride, carrozzone circense disertato pure da molti omosessuali. O, meglio, si capisce fin troppo bene se si considerano i doveri del Perfetto Uomo di Sinistra (a cui da qui in avanti ci riferiremo come PUS. Senza offesa).  L’obiettivo, molto leninista, del PUS è la creazione di un’umanità nuova e superiore. Un’umanità priva di vizi. E nel caso in cui i vizi siano proprio irrinunciabili (tipo farsi le canne o fare sesso con più partner), il PUS anela a regolamentarli per legge, in modo che perdano la scintilla del peccato e si impongano a tutti come «diritti», inalienabili e indiscutibili. Vediamone alcuni. Il PUS deve andare al Gay Pride, a costo di mettere a rischio il proprio matrimonio o perdersi il saggio di danza della figlia (o, ancora meglio, del figlio, costretto a emulare Billy Elliot perché «bisogna vincere il pregiudizio per cui la danza è una cosa da froci»). Il PUS ama gli omosessuali. I quali omosessuali, però, devono avere il buon gusto di vestirsi come figuranti di Sex&The City, essere appassionati d’arte, bere solo vini costosi dal retrogusto di lampone selvatico della steppa e ascoltare Bach. Salvo nel giorno in cui partecipano al Gay Pride, dove è obbligatorio agghindarsi come Moira Orfei. Il PUS è salutista. Per spostarsi usa soltanto la bicicletta. La usa anche Ignazio Marino, che infatti è l’archetipo del Perfetto Uomo di Sinistra (motivo per cui è gravissimo che abbia violato una regola del decalogo politicamente corretto). A costo di rimetterci le coronarie, egli percorre indomito le strade di Roma sulle due ruote vestito di tutto punto, giacca e cravatta comprese. Speriamo almeno che usi un buon deodorante, a tutela di quanti saranno da lui ricevuti nelle bollenti giornate d’agosto, subito dopo la corroborante biciclettata. Eccezioni all’uso del biciclo sono permesse nel caso in cui il PUS (o la sua variante femminile, indicata dallo sciagurato acronimo PDS) sia ministro. In tale circostanza gli è consentito sfrecciare in auto blu dove più gli aggrada, travolgendo alla bisogna passanti di varie età. Il PUS non fuma sigarette. Non perché faccia bene, ma perché fa figo.  E dà un sacco di soddisfazione, specie quando si possono rompere le balle ai fumatori. Certo, l’avvento della sigaretta elettronica ha messo in crisi molti. Il dibbbattitosull’argomento è ancora in corso, ma temo che prevarrà la linea della fermezza. Se proprio si deve fumare, meglio le canne, se legalizzate. Il non plus ultra sarebbero le canne elettroniche: fattanza più evoluzione tec tecnologica, movimentismo e progressismo. Qualcuno si sbrighi a inventarle. Il PUS non beve alcolici. Ameno che non siano costosi intrugli biologici, vini puzzolenti prodotti da qualche aspirante Gad Lerner inunatenuta toscana (avendemmiare ci manda i romeni, sia chiaro). L’importante è rispettare il supremo comandamento: non avrai altro bio. Il PUS vota il Pd. O, nei momenti di più feroce autolesionismo, Sel (alcuni incauti che hanno votato Ingroia si sono poi dedicati all’automutilazione per espiare). Ma, soprattutto, il PUS odia Matteo Renzi.  A tavola ogni discorso inizia così: «Renzi è una risorsa, però...». Seguono improperi, malignità e, talvolta, bestemmie. Ecco perché il PUS non sa spiegarsi l’improvviso amore di Repubblica per il sindaco di Firenze. Il PUS legge Repubblica. L’acquisto del Fatto è giustificato solo nei casi di attrazione fisica per Marco Travaglio. Il PUS va in deliquio per le articolesse di Zagrebelsky, nei suoi sogni più sfrenati compulsa le paginate della Signorina Grande Firma Concita De Gregorio. Nel caso in cui Repubblica sia terminata all’edicola, va bene anche la sua versione ridotta, cioè la Stampa (la rubrica di Gramellini si può saltare, tanto poi la ripete uguale in tv). La lettura del Sacro Foglio va alternata con la visione dei programmi di Fabio Fazio. Il fatto che lo share cali e le trasmissioni con Saviano non ottengano più il successo di un tempo si spiega solo con l’irrimediabi - le declino morale del Paese. IlPUS amagli immigrati. Specie i filippini. I suoi. Egli, come Marino, ama la «solidarietà» e, come Vendola, adora «i fratelli Rom». Perché tanto in casa ha le inferriate, l’allarme e un feroce bulldog che si nutre di carne umana. Il PUS non è razzista. Razzisti sono quelli di destra. Se la ministra Kyenge a bordo dell’auto blu entra contromano in una via e investe un anziano, bisogna dire che la colpa è dell’anziano che non ha avutoi riflessi abbastanza prontie non si è tolto di mezzo. Altrimenti si passa per razzisti e a Massimo Gramellini girano le palline.  di Francesco Borgonovo