La vendetta del Mortadella

Pd, lo schiaffo di Prodi: "Non andrò a votare alle primarie"

Giulio Bucchi

La vendetta è un piatto che va servito freddo, un po' come la mortadella. E Romano Prodi, emiliano che dietro l'aspetto bonario cela una rancorosità politica letale, lo sa bene. Forse è per questo che, a distanza i 5 mesi dalla pugnalata infertagli dal Partito democratico che lo aveva prima candidato al Quirinale e poi sacrificato in modo spettacolare, non ha potuto rinunciare alla rivincita. "Non voterò alle primarie", ha fatto sapere l'ex premier in un'intervista a TeleReggio. E se il gran rifiuto arriva dal padre putativo del Pd, lo si può considerare un po' come la pietra tombale per le speranze di rifondare un partito solido e unitario. "Non per polemica, ma ho deciso di ritirarmi dalla vita politica. Non sono un uomo qualunque, se voto alle primarie devo dire per chi, come e in che modo", si è difeso Prodi, che l'8 dicembre prossimo resterà comodamente a casa, in famiglia, stando alla larga da taccuini, microfoni e strette di mano. Quelle stesse mani che magari l'hanno tradito sulla strada per il Colle. Come aveva annunciato, Prodi non è andato al proprio circolo a ritirare la tessera del Pd. "Mi auguro che in tanti vadano a votare - ha concluso, non riuscendo a nascondere l'amarezza -, però io credo che sia un bene ormai, avendo fatto un passo indietro, che mi mantenga nella mia coerente". Fuori dal partito, fuori dalla mischia. E tanti saluti a Renzi, che cercava la sua benedizione un anno fa, alla vigilia della sfida a Bersani, e alla nomenklatura di largo del Nazareno, che ha sempre sfruttato e malsopportato questo ex democristiano, l'unico vincente nella storia del centrosinistra italiano.