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Oliviero Diliberto, la clamorosa svolta dell'ex ministro comunista di D'Alema: Cina e ritorno, come campa oggi

Giulio Bucchi

"La mia generazione ha fallito. L'unico dovere morale è scomparire". Oliviero Diliberto, di parola, è sparito. L'ex ministro della Giustizia del governo D'Alema, comunista, 6 anni fa si era candidato con Antonio Ingroia con Rivoluzione Civile: "La mia parte fu sconfitta disastrosamente", riconosce il 63enne ex segretario del Pdci al Giornale, che dopo aver provato a rimettere in piedi un soggetto comunista ha lasciato la politica e si è ritirato a vita privata. Non senza soddisfazioni, per la verità. Leggi anche: Presente Passera? Un business pazzesco; come fanno i soldi (tanti) lui e la moglie Oggi è da tre settimane presidente di Legge alla Sapienza di Roma, poltrona prestigiosa, e prima ancora "ha aiutato il presidente Xi Jinping a inserire il Diritto romano nel codice civile cinese". In fondo, sempre di comunisti si trattava. Parlamentare dal 1994 al 2008, oggi non ha nostalgia per la politica attiva, anche perché la "sua" sinistra è stata "annientata dal voto del 4 marzo 2018". Non crede al Pd e ancora meno al M5s, perché "l'idea che chiunque abbia fatto politica è un delinquente a prescindere, contraddice tutti i valori della democrazia rappresentativa dai tempi di Pericle a oggi".