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Foreign Policy, la Kyenge tra i 100 pensatori più influenti al mondo nel 2013

La rivista americana affianca il ministro dell'Integrazione a Papa, Kerry, Draghi: "Ha sopportato abusi inimmaginabili"

Giulio Bucchi
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Nessuno profeta in patria. Ma solo si avesse la voglia di superare l'Oceano, di verità bizzarre se ne scoprirerebbero. Per esempio, che un ministro del governo Letta sia annoverato tra i 100 più influenti pensatori del pianeta. A inserirlo nel prestigioso Pantheon è stata la rivista americana Foreign Policy, insieme tra gli altri al segretario di Stato americano John Kerry, al dissidente russo Alexey Navalny, al presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, agli imprenditori superstar Jeff Bezos e Mark Zuckerberg, a Papa Francesco. Noi italiani dovremmo provare un po' di imbarazzo a non aver compreso la fortuna di trovarci tra le mani, anzi ai posti di comando, un tale genio, capace di "sopportare abusi inimmaginabili". Si tratta forse del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, preso per i fondelli un giorno sì e l'altro pure per i continui pasticci sull'Imu? O forse del collega dello Sviluppo Flavio Zanonato, talmente impalpabile da essere scambiato dalla collega di partito Marianna Madia per il ministro del Welfare Giovannini? Basta scorrere le motivazioni di Foregn Policy per capirlo: "E' stata paragonata a una prostituta e a un orango; le hanno tirato banane... E ha saputo gestire questo razzismo mozzafiato con grazia e equanimità. In un Paese che fatica a fare i conti con una crescente popolazione di immigrati, la sua nomina ha un valore per il solo simbolismo". Svelato il mistero: è Cècile Kyenge, ministro dell'Integrazione che passerà alla storia più per gli insulti incassati (questo sì) con grande garbo che per le politiche portate avanti o i successi registrati. Ma forse siamo noi italiani quelli miopi. 

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