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Ezio Mauro elogia il golpe di Renzi, Travaglio attacca Matteo e Napolitano

La stampa progressista si divide. "Repubblica" esulta per Matteo, "Il Fatto" attacca Napolitano, "monarca rancoroso"

Andrea Tempestini
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Sulla cosiddetta "stampa progressista" (o di sinistra, o grillina, fate voi) c'è chi l'ultimo "colpetto di Stato" lo elogia e chi invece lo stigmatizza. Il "colpetto di Stato" è la repentina ascesa di Matteo Renzi a Palazzo Chigi, una soluzione avallata suo malgrado da Giorgio Napolitano che è pronto a tutto pur di non concedere agli italiani il diritto di andare al voto. Il premier, ormai, lo decide il Colle (e, in questo caso, il Pd in assemblea). Il colpo di mano viene elogiato sulle colonne di Repubblica niente meno che dal direttore, Ezio Mauro, che parla di una mossa, quella di Renzi, fatta (poverino!) "a dispetto forse personio delle sue conseguenze". Per Mauro, il sindaco-premier, "ha cambiato la scena in tre mosse". Un maghetto, insomma. Gli elogi - Il direttore dalla penna rossa continua: "Era inevitabile che il protagonista delle riforme diventasse primattore politico". Il quotidiano debenedettiano accondiscende i desiderata di Carlo De Benedetti: spingere Renzi, spingere a tutta. E così Mauro ricorda che "anche oggi, anzi fino a ieri, il cammino del governo e il cammino delle riforme erano destinati a congiungersi a breve in un unico punto terminale, con le Camere sciolte e il ricorso agli elettori". Eppoi, invece, è spuntato il maghetto Renzi, che "ha detto che questo paesaggio poteva cambiare, perché non era una condanna obbligata". Il ritratto agiografico dipinto da Mauro prosegue: "L'attore politico (Renzi, ndr) in questo nuovo teatro è tecnicamente spregiudicato perché gli interessa solo essere se stesso e arrivare in fondo, è quindi disancorato da tradizioni ed esperienze precedenti perché vive della propria leggenda e deve raccontare di continuo solo quella, è post-ideologico perché la sua forza è la contemporaneità, anzi l'adesione istantanea a tutto ciò che è contemporaneo, senza legami, obblighi e carichi pendenti" ed eccetera eccetera. La contraddizione - Eppure anche il ritrattista Mauro è conscio del fatto che "prima di prendere il comando Renzi sa benissimo di dover affrontare la contraddizione - grande come le sue ambizioni - che ha costruito tra le sue parole e le opere". Il contrasto, spiega il direttore, è "la mitologia di sé costruita tutta contro il Palazzo e le sue manovre". Peccato però che a Palazzo Chigi ci sia finito proprio con una manovra di palazzo. Mauro lo sa. Il contrasto, prosegue, "è soprattutto per il leader della sinistra, che va a Palazzo Chigi ancora una volta dall'ascensore di servizio e non dallo scalone d'onore". Ma chissenefrega, deve aver pensato Mauro. Chissenefrega dell'ascensore di servizio, perché il fine giustifica i mezzi, e perché "se il governo sarà capace di dare una scossa nei tempi, nei modi, nei nomi, nei fatti, allora è possibile che il Paese si rimetta in piedi e che la contraddizione venga scusata dai risultati". Infine la chiusa, quasi lirica: "Per queste ragioni palazzo Chigi per Renzi non è un punto d'arrivo, ma una partenza. E il cambiamento non è un'opzione politica, ma una magnifica condanna".  Democrazia, addio - Oltre alle critiche di Mauro, però, ci sono le punture di Marco Travaglio. Il vicedirettore del Fatto Quotidiano la prende larga, ricorda la caduta di Silvio Berlusconi nel 2011, ricorda che Paolo Mieli parò, per l'Italia, di un "replay" del dopo-Nerone: in pochi mesi, tre governicchi. E così è stato: Monti prima, poi Letta, ora Renzi. "Resta da capire se Renzi è Vitiello, il terzo ominicchio rottamato alla velocità della luce", s'interroga Marco Manetta. Quindi la penna del Fatto spiega le ragioni di Renzi: "Meglio mandarlo a casa subito e prenderne il posto" (quello di Letta, ndr) anche perché "Napolitano le camere non le scioglie manco morto". Quindi la frase che è un po' la summa del Travaglio-pensiero sul "colpetto di Stato": "Insomma, una mossa che meno democratica è difficile immaginare". Infine un nuovo siluro contro il Colle, che è anche un avvertimento a Renzi: "Sul Colle - spiega Travaglio - c'è un monarca rancoroso che ti detesta cordialmente".

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