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Alessandra Ghisleri, l'intervista: "Il futuro di FdI? Ecco da cosa dipende. Berlusconi? Perché sale nei sondaggi"

Pietro Senaldi
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«Viviamo una fase che ricorda molto la fine della Prima Repubblica. È come se fossimo alla vigilia del collasso di un sistema. Tutti i punti di riferimento delle istituzioni stanno mostrando le loro fragilità, politica e cittadini abitano due universi separati. Le principali richieste degli elettori sono semplici: tutela economica e sicurezza sanitaria, ma al momento il governo non riesce a soddisfare le attese e all'opposizione nessuno riesce ancora a presentarsi come portatore di risposte adeguate. Per questo la distanza tra Palazzo e nazione si allarga e gli italiani si irritano ogni giorno di più. Montano acredine e livore, tutto all'opposto dell'"andrà tutto bene" e "ci ritroveremo migliori", gli slogan con i quali abbiamo affrontato la prima ondata di Covid». La regina dei sondaggi, Alessandra Ghisleri, vede nero per quanta riguarda l'inizio dell'anno dei protagonisti della vita politica. Nessuno sta commettendo particolari errori mediatici ma «è come se il Palazzo fosse imbrigliato, paralizzato da una colla appiccicosa che impedisce l'abbraccio con i cittadini e le loro esigenze e sfibra le persone, logorate dall'ascolto di leader che si inseguono tra ultimatum, verbi coniugati al futuro, critiche non accompagnate da proposte credibili, presenzialismo senza contenuti». Anche così si spiega l'incredibile resilienza di Silvio Berlusconi, dato politicamente per morto ormai quasi dieci anni fa. Era il 2011 quando il Cavaliere, assediato dall'Europa, dal Quirinale, dai giudici e da sinistra e mondo intellettuale, innamoratisi di Monti, fu costretto ad abdicare. Ed è stato nel 2013 che l'allora emergente Renzi decretò chiusa, "game over", la partita dell'uomo di Arcore. Oggi Forza Italia è in risalita nei sondaggi, punta al 10%, la quota che garantisce un ruolo da ago della bilancia, e ha tre volte i consensi dell'ex rottamatore. «Non mi stupisce» commenta la fondatrice di Euromedia Research, «per i suoi numeri, le sue esperienze e le sue capacità, Silvio è sempre capace di mettersi al centro del dibattito».

Sono passati quasi trent' anni dalla discesa in campo del Cavaliere, oggi 84enne: come è possibile che non risulti vecchio?
«Berlusconi ha saputo rinnovarsi più di altri. Ha mandato avanti i suoi uomini ritagliandosi un ruolo di grande saggio, che conosce l'arte della politica e sa come raggiungere gli obiettivi».


Ha ulteriori margini di recupero?
«Dipende sempre molto da quanto si spende in prima persona. Nei nostri ultimi sondaggi Forza Italia è tra il 7% e l'8%, in crescita. Al momento è un partito favorito dalla situazione, e dal suo leader che riconosce bene questa politica che, come ho detto, ricorda la grande crisi delle istituzioni dei primi anni Novanta, quando emerse proprio il fenomeno Berlusconi. Silvio ne padroneggia il linguaggio e i tempi, tant' è che in molti tratti nella comunicazione di Conte si riconosce una certa ispirazione al metodo berlusconiano».

Non sarà anche che nel regno dei ciechi l'orbo è re?
«Tra le ragioni della risalita di Forza Italia ci sono anche le carenze di comunicazione politica degli altri. Al momento nessuno sa indicare la via nuova e i cittadini cercano di trovare qualche risposta in quella già sperimentata. Poi giocano un ruolo anche l'affezione al leader, che resta comunque uno dei politici più votati degli ultimi trent' anni, e la sua capacità di incarnare un centrodestra moderato, del quale c'è domanda».

Conte è incalzato quotidianamente da Italia Viva: sono i suoi ultimi giorni a Palazzo Chigi?
«Questo non è materia di sondaggi, perché dipende dalla politica e non dai cittadini, che sono più concentrati sui propri problemi quotidiani. Il 48,6% degli elettori vede una crisi di fiducia all'interno della maggioranza di governo e il 34,8% crede che la durata di questo esecutivo non andrà molto oltre le elezioni amministrative di questa primavera. Tuttavia con la riduzione del numero dei parlamentari, a oggi, in caso di elezioni nazionali tutti i partiti pur guadagnando consenso avrebbero meno deputati, a esclusione di Fratelli d'Italia. Perciò se Renzi si sfilasse determinando la crisi di governo, vedo un altro esecutivo con nuovi "responsabili" piuttosto che le elezioni».

Il consenso del premier è in picchiata?
«Dalle nostre rilevazioni il consenso del premier durante la prima fase della pandemia si attestava intorno al 50%, oggi è al 38, in calo. Ma resta sempre più alto di 5-7 punti di quello del governo, apprezzato da un italiano su tre».

Le ragioni del calo?
«Quando la pandemia ci ha sorpreso, le persone non si sono fatte troppe domande. Avevano necessità di capire che cosa stava accadendo e non avendo appigli hanno trovato nel premier e nelle sue conferenze stampa un punto di riferimento. Adesso molte cose sono cambiate. L'aumento dei contagi che ci ha portato alla seconda ondata era ampiamente prevedibile, ma ci ha trovato nuovamente impreparati. Oggi i cittadini sono molto più severi nei giudizi verso chi governa. Le parole della politica rivolte al futuro non trovano ascolto nel presente, se non nelle nuove restrizioni imposte. Si va avanti giorno per giorno aspettando».

E che cosa interessa allora ai cittadini?
«La costruzione di un percorso che aiuti chi è entrato improvvisamente in difficoltà. A causa della pandemia si sono create nuove sacche di poveri che si sentono esclusi dai diversi provvedimenti dell'esecutivo. I giudizi degli italiani sulle carenze governative nell'assistere chi è in difficoltà sono molto duri. Ogni giorno si sente parlare di differenti bonus messi in campo, che vengono visti come elargizioni slegate tra loro, non parte di una visione di insieme comprensiva di un percorso per uscire dalla crisi».


Tutta una questione economica quindi?
«Assolutamente no, anche di salute. Non aver previsto quel che era immaginabile ha impoverito il consenso del governo. I cittadini in maggioranza sono convinti che si sono disperse le attenzioni su mille rivoli nella ricerca di un consenso tralasciando la visione di insieme».

Cosa dovrebbe fare oggi Conte?
«Non è più il tempo della sola narrazione. Questo è il momento della logistica e della programmazione guidata. Non è possibile scaricare le responsabilità solo sull'impasse dei partiti, sostenendo che la sintesi politica spetta a loro. Il premier deve offrire alla politica una nuova opportunità, un nuovo inizio».

C'è spazio per un partito personale del premier?
«Io non credo mai troppo ai partiti personali che nascono da esperienze istituzionali. Il ruolo vizia il consenso, che non può essere solo di opinione ma si costruisce sul territorio, dove i partiti, che hanno un radicamento forte, alla fine hanno più facilità a prevalere».

A Renzi conviene far cadere il governo?
«Dipende dall'evoluzione della caduta: se si votasse con l'attuale legge elettorale, Italia Viva dovrebbe trovare un asset in coalizione per poter avere una bonne chance. Se invece si formasse un nuovo esecutivo, il suo ruolo potrebbe tornare fondamentale. È nel suo interesse alzare la voce cercando di portare a casa le sue battaglie per aumentare il suo consenso di opinione».

In termini di consenso però la sua strategia a oggi non paga, sta facendo la figura del pastorello che grida al lupo al lupo
«Questa è l'opinione prevalente al momento. Per lui è veramente fondamentale motivare i suoi attacchi e le sue posizioni per non cadere nell'ambiguità di sole battaglie per nuove poltrone. Per ora non può cedere se non trova un accordo per lui vantaggioso agli occhi dell'elettorato, perché il rischio è quello di perdere la propria credibilità».

Il governo è debole, gli italiani sono insoddisfatti ma l'opposizione non cresce: come mai?
«Perché è la politica in crisi in questo momento. Un elettore su tre si dichiara indeciso nella scelta del partito. Anche l'opposizione non riesce a dare quelle risposte tanto desiderate, e non essendo nella "stanza dei bottoni" il suo raggio di azione è limitato».

Quindi cosa dovrebbe fare l'opposizione?
«Dovrebbe presentare un proprio unico piano politico, sia sanitario sia economico, e divulgarlo in modo chiaro. Oggi non è più sufficiente denunciare le mancanze dell'esecutivo e chiedere più fondi senza una progettualità».

La Lega di Salvini è in una fase involutiva?
«No, sembra invece che Salvini stia aggiornando la sua comunicazione cercando di ampliare il messaggio, rendendolo più rassicurante, e rafforzando il proprio profilo istituzionale. Scrive lettere al Corriere della Sera, come Berlusconi e Zingaretti, prova ad andare incontro alle esigenze della gente che è in cerca di una figura capace di guidarla con mano sicura in ogni direzione».

Perché quando ha lasciato il governo è calato nei consensi?
«Proprio alla vigilia della possibilità di realizzare la tanto propagandata Flat Tax ha lasciato la guida del governo che - forse - ne avrebbe permesso l'attuazione. È prevalso un messaggio che lo vedeva sconnesso con la realtà del Paese».

Sono consensi recuperabili?
«La Lega non è ancora percepita come un partito di centrodestra moderato. Il suo boom non è stato legato solo alla politica contro l'immigrazione irregolare ma anche alla campagna elettorale forte fatta sui temi dell'economia, come la forte riduzione fiscale. Così Salvini aveva attratto l'interesse e il voto di molti ceti produttivi, che poi hanno avuto la sensazione che la loro battaglia non fosse stata portata avanti fino in fondo. Ora che la crisi è tornata a mordere, il leader leghista dovrebbe dare ascolto e risposte a chi si trova senza coperture e a quel ceto produttivo che si sente in stand by a causa delle limitazioni anti-pandemia e delle sue chiusure. Insomma a coloro che non cercano bonus ma mercato».

La Meloni ruba voti a Salvini?
«In realtà i due partiti hanno elettorati differenti, con una forte identificazione di Fdi con la sua leader Giorgia, più ricca di correnti la Lega. Inoltre sono diversi i valori, l'idea d'Italia e i bacini territoriali di consenso».

Quanto può crescere ancora Fdi?
«Dipende da quanto riuscirà a levarsi l'etichetta di partito di destra dura e pura, mantenendo la sua coerenza».

L'Europa può essere un problema per Conte?
«La pandemia si è rivelata di fatto un acceleratore impressionante per un Paese come il nostro, sempre in bilico tra diverse incertezze, e gli italiani hanno scoperto di vivere in una nazione che sta arretrando e conta sempre di meno in Europa e nel mondo. L'Italia sta scivolando nelle classifiche economiche e noi non siamo abituati a considerarci cittadini di uno Stato di importanza secondaria».

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