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Covid, "certi medici, per stare sotto i riflettori...". Tweet contro Massimo Galli, clamoroso imbarazzo a sinistra

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"Pur di avere il favore dei riflettori certi medici si inventerebbero le varianti del virus in laboratorio". A scriverlo non è un no vax dichiarato, ma Alessandro Barbera, giornalista della Stampa. E nel quotidiano torinese si apre un caso clamoroso, con il direttore Massimo Giannini che si trova costretto a ordinare alla sua redazione di "contenersi" sui social, limitando commenti e opinioni personali (soprattutto, immaginiamo, se "scomode" come quelle di Barbera).

 

 



La battuta del giornalista su Twitter (non lo cita mai, ma sembra un clamoroso siluro contro Massimo Galli, che nelle ultime ore ha anticipato con ansia l'avvento della terza ondata di Covid per effetto della nuova e super-contagiosa "variante inglese") è stata stigmatizzata da molti sui social. "Ciao La Stampa. Ma non avverti vergogna se un tuo giornalista scrive queste cose? Ma poi Massimo Giannini ci lamentiamo dei no vax?", chiede Luca Di Bartolomei. È Michele Arnese, direttore di Start, a rendere nota la lettera spedita dall'ex firma di Repubblica ai giornalisti della Stampa, per richiamarli all'ordine. Eccola qui di seguito, in versione integrale. 

 

 

 

"Care amiche e cari amici, dopo le ultime performance di diversi nostri colleghi sui social, mi vedo costretto a intervenire, e a richiamarvi all’ordine. Nessuno può vietare a un privato cittadino di esprimersi come vuole nell’agorà digitale, ormai purtroppo infestata di haters e spesso trasformata in tavola calda per antropofagi. Dunque non sarò io a vietare alcunché, né a conculcare diritti di libertà di espressione del proprio pensiero garantiti persino dalla Costituzione. Non sarebbe giusto e non avrebbe alcun senso. Ma c’è un limite. Vi ricordo che il profilo di ciascuno di voi in rete nasce prima di tutto dalla vostra “appartenenza” a “La Stampa”, grazie alla quale ciò che scrivete assume un rilievo ben diverso da quello che avrebbe un tweet o un post di un internauta qualsiasi. Di recente, come gruppo Gedi, abbiamo diffuso un apposito Codice Aziendale, etico e pratico, ad uso dei giornalisti del gruppo. Tra i tanti altri punti che tratta, ce n’è uno che riguarda proprio l’utilizzo dei social. Avete l’obbligo di rispettarne i dettami. Quando scrivete su quelle piattaforme dovete rammentare comunque che siete giornalisti di questo giornale. E che i giudizi che date, di qualunque 'segno' essi siano, finiscono sempre per riguardare l’intera nostra comunità. Quindi vi rinnovo l’invito a mantenere un profilo alto e rispettoso del ruolo e della funzione che abbiamo. Ad essere equilibrati e a non tranciare giudizi un tanto al chilo, specialmente se quei giudizi non riflettono quello che voi scrivete sul giornale o quello che il giornale adotta come 'linea'. Ad evitare soprattutto di ingaggiare indecorosi “corpo a corpo” con gli interlocutori e/o gli odiatori occasionali e/o istituzionali, che quasi sempre finiscono per sconfinare nella triviale deriva politico-culturale di certi tipici anfratti del Web. Un dibattito serio, anche in Rete, fa ricchezza. Dunque siate seri. E ricordatevi ciò che dovete a La Stampa: se quello che twittate o postate ottiene risposte e riscontri, in definitiva, questo dipende molto dal brand che avete alle spalle. E che per questo dal vostro attivismo digitale può subire conseguenze dirette e indirette. Tenetene conto". Si prospettano giornate un po' tese tra quelle scrivanie.

 

 

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