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Matteo Bassetti a Libero: "Le varianti del coronavirus le abbiamo da mesi. Ora pensiamo ai vaccini"

Matteo Bassetti

Alessandro Gonzato
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«In Italia le varianti le abbiamo da mesi, mica da 15 giorni. Ricorda quando il governo ha chiuso i voli con l'Inghilterra? Avevo detto che dovevamo investire di più nei laboratori per cercare di studiare le mutazioni del virus. Magari l'aumento di casi di ottobre-novembre è stato provocato da una trasformazione locale del Covid, una variante brianzola piuttosto che di un altro territorio, non per forza legata all'estero. Le varianti possono essere anche italiane. Il problema è che anche su questo l'Italia è arrivata tardi». Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova e professore ordinario all'Università del capoluogo ligure, è uno dei pochi virologi che non invoca ogni due minuti il lockdown nazionale.

«Non ha senso né valore scientifico» dice a Libero. «Le chiusure devono essere mirate, tempestive, e non determinate da indicatori di 10 giorni prima». Non è allarmista e anche per questo è inviso ai tifosi del Covid, tra cui spiccano alcuni suoi colleghi, oltre ai "compagni" imbullonati al parlamento. Lo invitano spesso in tivù perché parla chiaro e tenta di spiegare le cose in modo pragmatico. Spesso ci riesce.

 

 

Cosa vuol dire che anche sulle varianti siamo arrivati tardi?
«Che una parte dei nostri laboratori non era attrezzata per determinarle. Ci vogliono investimenti, strumenti particolari. La macchina che analizza i tamponi molecolari - per semplificare la questione - non è la stessa che sequenzia il virus. Serviva un'organizzazione migliore».

E oggi i laboratori come sono messi?
«Dubito che tutti siano nelle condizioni di analizzare le varianti autonomamente. Il raffronto con alcuni Stati europei la dice lunga: fino a poco tempo fa facevamo 10 determinazioni di varianti ogni 1.000 persone positive, mentre la media continentale era di 50, nel Nord Europa addirittura 100-150».

La diffusione delle varianti la preoccupa molto?
«Bisogna stare attenti. Le prossime 5 settimane saranno decisive. La terza ondata, se ci sarà, non potrà che arrivare in questo periodo».

 

 

Perché?
«Perché poi con la fine dell'inverno staremo di più all'aria aperta e per allora il numero di vaccinati, speriamo, sarà cresciuto un po'».

Un giudizio sulla nostra campagna vaccinale.
«Ampiamente rivedibile. È mancata una strategia informativa adeguata. Andava iniziata subito dopo la fine dell'estate: bisognava spiegare alla gente cosa significa vaccinarsi, quali sono i rischi, le modalità. Doveva essere una cosa martellante, sui giornali, in tivù, sui social. Oggi una parte della popolazione è scettica soprattutto perché sono state veicolate informazioni non del tutto corrette».

Solo questo?
«Vogliamo parlare delle Primule?».

Faccia lei...
«Il governo, per la vaccinazione di massa, doveva chiedere alle Regioni la disponibilità di strutture già esistenti e che sono chiuse da mesi, come i palazzetti dello sport, le palestre, le fiere. Bisognava dire ai governatori: "Signori, vi diamo delle risorse, assumete voi medici e infermieri". L'ultimo degli errori, poi, è stato a livello regolatorio».

 

Cioè?
«Abbiamo approvato il vaccino di Astrazeneca fino ai 55 anni e dopo 10 giorni abbiamo allungato la fascia d'età ai 65: le persone vanno in confusione, si fanno delle domande. Abbiamo comprato questo vaccino in grandi quantità e l'abbiamo fatto passare per uno di serie B, il che non è assolutamente vero. Ci siamo fatti male da soli. A tutto questo si aggiunge il fallimento dell'Ue nell'acquisto delle dosi».

Il governatore Zaia ne aveva trovate 27 milioni. Polemiche e inchieste. Tutto finito prima di iniziare.
«Mi era sembrata un'iniziativa lodevole: da come l'ho letta, aveva interpellato il ministero della Salute e l'Aifa. Non ha detto "domattina li compro per i fatti miei"».

L'Istituto superiore di Sanità, come un anno fa, dice "State a casa".
«È un messaggio sbagliato. Magari le persone più anziane, quelle più fragili che sono in attesa della vaccinazione, quelle sì. Ma non puoi continuare a generalizzare: la gente ha perso la pazienza. L'Iss che dice di non uscire è lo stesso che dice che si cominciano a vedere gli effetti della vaccinazione. Il deficit comunicativo è evidente».

Il vaccino contrasta tutte le varianti?
«Quella inglese sì. Quella brasiliana e sudafricana ancora non lo sappiamo, forse no. Lo capiremo nei prossimi giorni». E se non le contrasta? «Bisognerà somministrare la terza dose. Moderna ha già detto che in 15 giorni sarebbe in grado di produrla».

Perché le varianti sono così pericolose?
«Quella inglese contagia di più. Quella brasiliana e sudafricana hanno la capacità di aggirare le difese immunitarie. Mi spiego: tu hai avuto l'infezione, hai sviluppato gli anticorpi, ma questi non sono in grado di difenderti».

Come se ne esce?
«Non servono lockdown, ma una marea di vaccini. A maggio, grazie alla vaccinazione di massa, gli Stati Uniti avranno raggiunto l'immunità di gregge». E l'Italia? «A questo ritmo forse a fine anno. Ancora una volta gli americani hanno dimostrato che al massimo possiamo lavargli la macchina». 

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