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Charlene di Monaco "ricattata da Alberto, come vuole forzarla a tornare a casa": la più terrificante delle indiscrezioni

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Giorno dopo giorno, indiscrezione dopo indiscrezione, la triste storia di Charlene di Monaco continua ad essere scritta. Ancora lontana dalla famiglia, ancora ricoverata in una lussuosa clinica a Zurigo, in Svizzera, e rincorsa dalle voci più disparate. Quelle sulla sempiterna crisi col consorte, Alberto di Monaco, così come le voci sulle reali ragioni del ricovero: depressione? Alcolismo? Dipendenza da farmaci? Conseguenza della chirurgia estetica? Sindrome di Rebecca? Insomma, abbiamo sentito tutto e il contrario di tutto. Ma di conferme ufficiali non ne sono mai arrivate.

 

Da Palazzo Grimaldi è stato fatto sapere, ormai qualche settimana fa, che Charlene Wittstock sarebbe potuta tornare a casa a breve, questione di giorni, al massimo settimane. Poi, più niente. E il mistero che si infittisce. Che cosa succede, davvero? Come sta la principessa? Perché i gemellini Jacques e Gabriella sono costretti a stare lontani da lei, se non per una fugace visita natalizia? Domande, come tutte le altre, che languono senza risposta.

 

E così, nella ridda di indiscrezioni che si inseguono selvagge, si arriva all'ultima, rilanciata dall'Express, che rivela come Charlene sarebbe stata addirittura privata dell'anello di fidanzamento, dal valore inestimabile. Meglio tenerlo a casa, a Palazzo Grimaldi, alla Rocca e al sicuro lontano dalla clinica. Eppure, sempre l'Express, rilancia una tesi in verità agghiacciante: non sarebbe una scelta di sicurezza, bensì una sorta di "ricatto emotivo", dietro al quale ci sarebbe Alberto. Niente anello fino a che non torni a casa: questo il succo di quanto scritto dal rotocalco. E chissà se vi è un barlume di verità, o se al contrario si tratta delle solite, velenose, indiscrezioni. Quei rumors sul "Alberto il fedifrago" che lo perseguitano da anni. Anche se, sulle scappatelle del principe, sono state trovate più conferme. Ma quella dell'anello e del ricatto emotivo, va da sé, è tutt'altra storia.

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