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Francesca Giovannini, la prof di Harvard: "Attacco nucleare di Putin? Ora basta un piccolo incidente"

Francesca Giovannini  

Mirko Molteni
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Il rischio atomico resta alto. Ce lo conferma un'esperta del settore, la professoressa Francesca Giovannini, direttrice esecutiva del Project on Managing the Atom presso il Belfer Center della Harvard University e già collaboratrice della CTBTO, l'organo con sede a Vienna che vigila sulla messa al bando dei test atomici.

Professoressa, l'AIEA ha confermato la riconsegna del sito di Chernobyl agli ucraini. I russi rimarrebbero alla centrale di Zhaporizhzhia, mentre quella di Yuzhnoukrainsk è vicina al fronte di Mykolaiv. Quanto è reale il rischio di incidenti radioattivi nel conflitto?
«Il rischio di un incidente nucleare rimane purtroppo ancora reale. A questo punto, conta meno sapere chi è in controllo di queste centrali e più stabilire dei meccanismi di monitoraggio e di verifica degli impianti. Mi spiego meglio. Nella confusione inevitabile che s' è creata sul campo, sappiamo che alcuni sensori di monitoraggio del livello di radiazioni a Chernobyl sono stati manomessi o accidentalmente distrutti. Sappiamo che il personale della centrale di Zhaporizhzhia è stato costretto a lavorare per ore e giorni senza adeguato riposo. Sappiamo di ordigni non esplosi in altre centrali nucleari. Occorre: 1. Organizzare una missione di ispettori della AIEA che verifichino le condizioni di sicurezza di tutti gli impianti 2. Che le parti s'accordino per creare corridoi di sicurezza interni alle centrali. Senza queste due condizioni è impossibile ridurre a zero il pericolo di un incidente».

 



 

Intanto, s' è svolta una nuova esercitazione delle forze nucleari russe, nella zona di Orenburg. Sono solo mosse di deterrenza nei confronti dell'Occidente o c'è un pericolo maggiore?
«La dottrina nucleare russa ci è famigliare. Per sopperire alla debolezza convenzionale nei confronti della Nato e degli Stati Uniti, la Russia ha da tempo adottato una dottrina nucleare che ammette la possibilità di utilizzare per prima le armi nucleari anche in risposta a un'invasione convenzionale. Tuttavia questa dottrina è intesa, almeno da ciò che sappiamo, come deterrenza. Quello che abbiamo visto in queste ultime settimane è in linea con la dottrina nucleare russa: sventolare davanti al naso degli europei e degli americani la prospettiva di una guerra nucleare per contenere o scoraggiare qualsiasi atteggiamento offensivo da parte della Nato. Ma è un gioco pericoloso perché gli Usa potrebbero anche testare Putin per capire se sta bluffando... arrivando involontariamente a un'escalation. La Nato e gli Usa hanno finora giocato in maniera superba, facendo invece di tutto per evitare di dare a Putin pretesti. Gli Usa hanno recentemente cancellato il test missilistico Minuteman 3, in programma da tempo, proprio per evitare di aumentare l'ambiguità strategica».

Il portavoce di Putin, Peskov, ha ricordato che "la Russia userebbe armi nucleari per prima solo in caso di rischio di distruzione per la nazione". Ciò dovrebbe escludere che i russi agiscano per primi in Ucraina. Ma un Putin senza via d'uscita userebbe un'atomica contro gli ucraini?
«Ho scritto di questa ipotesi quasi all'inizio del conflitto e continuo a pensare che lo scenario sia improbabile ma non impossibile. Come giustamente ricorda lei. Un discorso è la deterrenza strategica con gli Usa e la Nato e un altro è l'uso di un'arma tattica in Ucraina a scopo di coercizione. L'uso di tale arma non avrebbe uno scopo militare, ma politico.
Indicherebbe l'assoluta determinazione di Putin di andare fino in fondo, nonostante i costi e creerebbe un dilemma umanitario catastrofico per l'Ucraina».

 

 

L'Ucraina ha rinunciato all'atomica dal 1994, riconsegnando alla Russia le testate rimaste sul suo territorio dopo la fine dell'Urss. I russi però, negli ultimi anni, hanno temuto che gli ucraini potessero riavviare un proprio programma atomico militare, sfruttando l'esperienza tecnologica delle centrali sviluppando missili come il Hrom/Grom e il Sapsan. È solo propaganda o c'è una base reale?
«Domanda interessante. Putin ha detto più volte che l'Ucraina stava cercando la bomba atomica. Non c'è dubbio che l'Ucraina abbia un programma civile molto sofisticato ma per creare una bomba serve materiale fissile che l'Ucraina non ha: uranio arricchito o plutonio. L'uranio arricchito che aveva è stato rimosso grazie ad un accordo di cooperazione tecnica con gli Usa, firmato da Barack Obama. Il plutonio delle scorie nucleari è presente, ma per usarlo il paese dovrebbe avere impianti di riprocessamento, che non ha. Mi lasci anche dire che la Russia fa parte del "board of governors" della AIEA, se aveva dubbi sull'Ucraina avrebbe dovuto presentare le prove tempo fa».

Ci sono rischi di escalation in caso di incidenti sui confini degli stati baltici e della Polonia, in acque o cieli del Mar Nero o del Baltico? 
«La deterrenza nucleare strategica sta reggendo, ma esistono possibili scenari dove accidentalmente si potrebbe arrivare ad una escalation. La decisione della Russia di bombardare i territori limitrofi alla Polonia per bloccare nuovi invii di armi potrebbe portare ad errori di lancio dei missili. La decisione di lanciare un attacco cibernetico contro impianti energetici in Ucraina ora connessi con quelli europei potrebbe portare a gravi conseguenze anche per la Nato. La decisione di usare armi chimiche sul territorio ucraino potrebbe portare la Nato a rispondere militarmente. Nella confusione di una guerra i margini d'errore, così come l'incapacità di leggere correttamente i segnali, cresce esponenzialmente. Non c'è dubbio che i rischi di un cosiddetto "entanglement" da parte della Nato esistono. Per questo è indispensabile avere posizioni chiare e moderate». 

 

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