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Niccolò Ghedini e la malattia, la rivelazione di Longo: "Un anno e mezzo di vita. Poi..."

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E' il più commosso di tutti, Piero Longo: l'avvocato arriva tra i primi ai funerali di Niccolò Ghedini, a Santa Maria di Sala, nel Veneziano. Il senatore di Forza Italia, scomparso a soli 62 anni dopo aver lottato contro una grave forma di leucemia, era qualcosa in più del suo "allievo", avendolo portato in aula giovanissimo negli anni Ottanta, non ancora laureato. 

 

 

 

 

Alle esequie presenti  tutti i vertici azzurri, dal vicepresidente Antonio Tajani alla capogruppo al Senato Anna Maria Bernini, dall'amica e collega (nel partito e nelle aule di giustizia) Elisabetta Alberti Casellati al governatore del Veneto Luca Zaia, leghista, fino a Sergio Giordani, sindaco della sua città natale Padova, e Natascia Rocchi, prima cittadina di Santa Maria di Sala, piccola cittadina tra Padova e Venezia dove Ghedini viveva e "fuggiva" quando non era richiamato dalle vicende romane. Presenti anche Marina Berlusconi e Gianni Letta, mentre Silvio Berlusconi, suo cliente per anni ma soprattutto amico e quasi "padre acquisito", è rimasto in Sardegna perché "troppo provato". 

Anche Longo è visibilmente prostrato, e le sue parole in ricordo di Ghedini forse sono le più strazianti. "Gli antichi giapponesi, quelli che potevano permetterselo, usavano lasciare scritto dopo la morte 'Quello che doveva esser fatto, è stato fatto'. Questo epitaffio lo rispecchia, perché quello che si doveva fare, lui, l'ha sempre fatto. E in questo momento direbbe 'ma cosa fate ancora qui, andate a lavorare'".

 

 

 


"Niccolo' - ha aggiunto Longo - era quello che, a parte gli affetti, era dedicato da sempre al lavoro. L'ho considerato un fratello e a volte un figlio, e auspico che lui mi abbia considerato a volte come fratello, a volte come secondo padre. A un certo punto l'ho considerato solo un grande avvocato pieno di ironia, ma non sarcasmo, perché non faceva parte del suo mestiere. Due anni fa - ha poi rivelato - sono andato da lui e mi disse che gli avevano dato un anno e mezzo di vita. Io gli dissi che doveva morire quindici anni dopo di me, ma non ce l'ha fatta. Abbiamo parlato della sua malattia - ha concluso l'avvocato Longo - che ha affrontato in un modo che nessuno potrà mai capire".

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