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Il M5s accusa il governo di trattare con la mafia: le prove? Nessuna...

Francesco Storace
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Ma dove vuole arrivare il senatore Roberto Scarpinato? Le sue accuse al governo sui rapporti tra politica e mafia – perché alla fine è di questo che si parla in modo pesante – sono abbastanza gravi. Soprattutto perché vengono da una personalità che nella vita ha fatto il magistrato e combattuto le cosche, (lasciando da parte ogni critica che gli è stata mossa nella sua carriera). E siccome è tipo dalla querela facile - ieri l’ha adombrata persino nei confronti del sottosegretario Andrea Delmastro di Fdi - non può però pensare che domande non gli possano essere rivolte. Le protezioni eccellenti sono quelle di cui, secondo lui, avrebbe goduto Matteo Messina Denaro per una latitanza trentennale. Dice Scarpinato che soprattutto tra Servizi e Polizia esse si sono manifestate. Ma se si tratta di inchieste vecchie, si sa già molto. Se invece è roba nuova, è ben poco per giustificare una fuga così lunga se non si fanno nomi e cognomi. Se da magistrato si fosse imbattuto in indagati o testimoni che dicevano le stesse cose, li avrebbe sbattuti in cella quantomeno per reticenza.

 

In televisione, Scarpinato ha puntato l’indice contro chi vuole abolire il 41-bis nelle carceri, ossia il modello più duro di detenzione. Eppure dovrebbe sapere almeno tre cose: contro l’ergastolo ostativo si è pronunciata la Corte Costituzionale; è a sinistra che deve cercare chi è contro il carcere duro; è il governo Meloni ad aver individuato una strada per inasprire le norme e non certo per farle saltare in favore dei mafiosi e dei terroristi. Il 41-bis, tra l’altro, fu rafforzato proprio dal centrodestra col governo Berlusconi.  Claudio Martelli, ex ministro della Giustizia, a Non è l’arena di Massimo Giletti, ha detto che di per sé non è un reato “trattare” con i delinquenti perché è quello che si fa ogni giorno con le bande che violano le leggi. Se c’è una ragion di Stato a pretenderla e se un ex magistrato ne parla con tanta sicurezza, non può tacere su quando, come, dove e con chi si è trattato (in questo Paese si mette il segreto di Stato persino sugli incontri di Renzi all’autogrill con un funzionario dei servizi di sicurezza...).

 

La cattura di Messina Denaro? «Aveva deciso di lasciarsi prendere». Lo si ripete nei bar, lo dice l’amico dei Graviano, Salvatore Baiardo (che però nessuno interroga sulle sue fonti). Ma Scarpinato non è un passante nei palazzi di giustizia. Se parla così, può venire il dubbio che abbia ancora accesso a informazioni di prim’ordine. Anche lui ha il dovere di dire come stanno le cose alla pubblica opinione. «Se sa parli» È il richiamo che gli muove il sottosegretario Delmastro, che semmai rivendica di aver inasprito col governo le norme sul carcere duro, altro che trattativa: «Il governo Meloni ha salvato l'ergastolo ostativo in pochi giorni di governo, sanando l'inerzia dei vari governi a maggioranza grillina. Se Scarpinato ha sentore che qualcuno voglia cancellare l’ergastolo ostativo faccia i nomi, senza usare la medesima e indigesta grammatica allusiva del pentitismo italiano». Già, i nomi. Nel pessimo gioco su chi è mafioso e chi no, certo non ci si possono più permettere reticenze. E un magistrato che si è fatto eleggere in Parlamento per proseguire la lotta alle cosche ha qualche dovere in più e non in meno. Sia proprio Scarpinato a rendersi conto che da personaggi come lui, semmai, si vorrebbero più certezze che ipotesi. Se invece tutto si riduce alla polemica partitica...

 

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