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Sabino Cassese, la teoria: "Uno a cui squilla di continuo il telefono non è un potente"

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Ciampi che "si metteva sempre un gradino sotto i suoi interlocutori" e poi "finiva per prendere il meglio da tutti quelli che stavano accanto a lui. Era la coralità del potere", Craxi che era "l’esatto contrario", "era o voleva essere il centro di tutti. Lo stesso può dirsi per Spadolini, in cui c’era anche quell’elemento di vanità tipico degli uomini di cultura". Sabino Cassese, che in un libro-intervista con Alessandra Sardoni, ha delineato le strutture del potere, dice a Il Corriere della Sera che però il potente più simpatico era "Ciriaco De Mita, il potente che più di altri ha conservato e coltivato quell’elemento dubitativo e raziocinativo che è proprio dell’intellettuale". E poi, prosegue il costituzionalista, "il potere, quello vero, non viene mai disturbato, non è alle prese con telefoni che squillano. Mai. Uno a cui squilla di continuo il telefono non è un potente".

Quindi rivela un aneddoto: "Quando ero ministro, nel 1993, passai una giornata intera con Denoix de Saint-Marc, segretario generale dell’Hotel Matignon, la sede del Primo ministro francese. Non l’hanno mai chiamato, eppure era l’uomo più potente della Francia. Anche con De Mita presidente del Consiglio, all’epoca in cui facevo parte della commissione per il programma di governo, era così. Ci vedevamo a Palazzo Chigi, nel suo studio; iniziavano delle lunghissime chiacchierate che partivano da metà mattinata e finivano puntualmente all’una e mezza. Poi De Mita diceva 'abbiamo fatto tardi', prendeva il giornale, lo piegava in due, lo metteva sottobraccio e se ne andava a mangiare. Il tutto senza che il telefono avesse mai squillato".

 

 

Riguardo al periodo di Mani Pulite, Cassese rivela che "viste la dimensione delle malversazioni che emergevano via via dalle carte delle inchieste dei giudici milanesi, decidemmo di scorporare il costo della corruzione dal bilancio dello Stato e quindi di toglierlo dalla legge finanziaria. Serviva un lavoro preciso, fatto bene, che tra l’altro aveva iniziato anche l’ufficio studi della Banca d'Italia. D'accordo con Ciampi, presi contatto col pool di Milano e il dottor Davigo viene in gran segreto a Roma a lavorare sulle cifre con me. A Roma nessuno, a parte noi due e il presidente del Consiglio, sapeva di questi incontri. Anzi, solo un quarto, che mantenne il segreto". Si trattava di "Cesare Geronzi, che ci mise a disposizione un ufficio della Banca di Roma in via del Corso. Io e Davigo lavorammo per un intero giorno, entrando separatamente in quel palazzo da due ingressi riservati. La finanziaria del 1993 la scrissi dopo quegli incontri".

 

 

Venendo alla storia più recente, a gennaio del 2022, in piena elezione del capo dello Stato, Matteo Salvini, andò a casa di Cassase: "Venne per fare una verifica, per farmi un esame. Ma l’idea che io potessi andare al Quirinale era stata di Matteo Renzi. Infatti, la prima a interpellarmi in tal senso, prima dell’inizio delle votazioni, era stata Maria Elena Boschi".

 Quanto alle polemiche dei giorni scorsi su Acca Larenzia e il fascismo, per Cassese, non c'è nulla da temere: "È un capitolo chiuso".

 

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