Paolo Crepet
"Da parte mia ho un pensiero in contrasto a qualunque pregiudizio storico. La riflessione deve attenersi a quello che succede nel presente. Perché essere pro o contro Trump a prescindere? Voglio vedere cosa fa, cosa per altro non facilissima da capire": Paolo Crepet distrugge con queste parole la cultura woke, la cui etimologia, spiega, "deriva da 'svegliarsi'. Ma una volta svegli dovremmo essere più liberi...".
Intervistato dal Giorno, lo psicologo e saggista ha detto di non essersi mai sentito omologato: "No, fin da giovane sono sempre stato con persone libertarie, dalla mia famiglia a Basaglia, Oliviero Toscani, Renzo Piano. Tutti diversi fra loro, sui generis. Ma tutti contrari al partito preso, che donavano un grado di libertà in più, non in meno". Parlando del fatto che ad oggi si tende avere un'opinione su tutto, Crepet ha chiarito: "Domandare è lecito, rispondere a volte è scemo. Quindi è colpa mia. Ora cerco di smarcarmi un po’ da alcuni temi, come la criminologia, ne capisco l’inganno. Si parla di Garlasco per non parlare di altro, la cronaca nera è un anestetizzante fantastico, come già aveva capito Dino Buzzati".
Pur ammettendo di sentire una responsabilità su di sé, il saggista ha precisato: "Non temo le mie opinioni. Ho paura invece che siano mal rappresentate, come è successo con un’intervista in cui parlavo di Sinner ma veniva riportato l’opposto di quello che pensavo. Ovvero che dopo la sconfitta di Parigi è una balla credere che bisogna concentrarsi sul buono, sul positivo. È utile invece capire cosa si è sbagliato".