Gli ultimi giapponesi. Pardon, bolognesi. Tutti ci ripensano, compreso l’ex sindaco Virginio Merola, anche lui dem, ma loro no: i consiglieri di Bologna, Comune rosso che di più non si può, hanno confermato la cittadinanza onoraria a Francesca Albanese, conferita il 6 ottobre –vigilia del secondo anniversario della strage islamista – anche se la cerimonia non c’è mai stata tanto era l’imbarazzo: pochi giorni prima la relatrice dell’Onu per i territori palestinesi aveva rimbrottato il sindaco di Reggio Emilia reo di aver ricordato gli ostaggi israeliani. Sabato scorso, dopo l’assalto pro-Pal alla Stampa, l’Albanese se n’è uscita dicendo che è stato «un monito» ai giornalisti «per tornare a fare il proprio lavoro»; i Comuni che già stavano facendo dietrofront sul conferimento di altre cittadinanze alla relatrice sono indietreggiati ulteriormente; alcuni parlamentari di sinistra hanno preso le distanze; il capogruppo leghista a Bologna, Matteo Di Benedetto, ha chiesto che l’onorificenza venisse ritirata ma i colleghi del Pd e delle altre liste progressiste hanno detto “no”, senza assumersene nemmeno la responsabilità. Tecnicamente, infatti, hanno rifiutato “la trattazione immediata degli ordini del giorno per la revoca della cittadinanza onoraria a Francesca Albanese”, rinviando la decisione a data da destinarsi.
COM’È ANDATA
«Il punto», riferisce Di Benedetto a Libero, «è che la sinistra ancora non ha portato in aula richieste presentate nel 2022, dunque è evidente che anche questa resterà lettera morta». E dire che l’indomani dell’ultima sparata sulla Stampa diversi consiglieri comunali di Bologna si sono detti pentiti di aver votato per la cittadinanza. Tra questi Filippo Diaco, il quale sui social aveva scritto: «Ho votato a favore. L’ho fatto in una fase in cui le sue posizioni (dell’Albanese, ndr) non si erano ancora espresse con la radicalità che oggi conosciamo (ah no? ndr). Alla luce delle dichiarazioni più recenti ritengo doveroso riconoscere che mi sono sbagliato, non ho difficoltà ad ammetterlo. Chi ricopre un ruolo pubblico», ha continuato il consigliere di “Anche tu conti”, «ha il dovere di rivedere le proprie scelte quando il contesto e i fatti cambiano...».
Quindi ieri il Diaco ha votato perla revoca? No: mentre si votava è rimasto fuori dall’aula, e lo zainetto che ha lasciato sullo scranno non aveva diritto di voto. Cuor di leone. Pardon, di tortellino. Anche la dem Cristina Ceretti, la quale nei giorni del conferimento dell’assegnazione del titolo all’Albanese non aveva voluto parlare con Libero – volevamo solo chiederle il perché della scelta – pareva aver cambiato idea. Ecco, pareva, perché ieri ha confermato. Torniamo al capogruppo leghista: «Siamo di fronte a un fatto politico di una gravità assoluta. L’incapacità di prendere le distanze da un soggetto del genere è preoccupante, sintomo di posizioni estreme. È inaccettabile l’atteggiamento incoerente dei consiglieri di maggioranza che sui social non hanno esitato a dichiararsi pentiti di aver sostenuto quel conferimento salvo poi, una volta in aula, far sparire ogni coerenza: avrebbero potuto rimediare all’errore». ì E il sindaco, Matteo Lepore? Si è limitato a dire che «nessuna causa giusta può giustificare la violenza contro il giornalismo e contro nessuno». Evidentemente il «monito» ai giornalisti è giustificabile.
DA NORD A SUD
Dicevamo degli altri Comuni. In serata arriva la notizia che il sindaco di Firenze, Sara Funaro (Pd), sarebbe sul punto di bloccare la concessione della cittadinanza, iter avviato in estate e poi bloccato per non creare altre polemiche durante la campagna elettorale per le Regionali: «Non ritengo opportuno assegnargliela. Su quanto è accaduto alla redazione della Stampa», continua Funaro, «non ci può essere una condanna con un “ma”. Non possono esserci moniti al giornalismo». Il via libera sarebbe dovuto arrivare domani, e però potrebbe essere affossato. Passiamo al Comune di Torino, guidato dal dem Stefano Lo Russo: qui la sinistra aveva proposto la cittadinanza il 15 settembre. L’iniziativa è partita da una consigliera dei 5Stelle, all’inizio il Pd aveva aderito ma il 31 ottobre la mozione si è arenata. Tutto fermo anche a Napoli, dove il sindaco Gaetano Manfredi, pure lui dem, non ha preso bene nemmeno questa uscita dell’Albanese: «Milano non è Napoli, lì si svegliano alle sei». A Cuneo i dem hanno buttato la palla in tribuna con una scusa: la mozione pro-Albanese è saltata per una “questione di metodo”, un tecnicismo. Ieri a Bologna la dichiarazione del giorno è stata quella di Bulgarelli, non il compianto Giacomo, formidabile mezzala del Bologna scudettato del ‘64, bensì di Michele Bulgarelli, capo della Cgil in città: «Quella dell’Albanese è stata una battuta infelice. Capita a tutti di farle». Il Bulgarelli se ne intende.