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Michela Ponzani, lo sfregio della storica "rossa" a Giorgia Meloni: "Cambio di regime"

di Pietro Senaldi martedì 9 dicembre 2025

3' di lettura

Michela Ponzani è una storica che non passerà alla storia; perché non dice mai nulla di nuovo né di divergente, è di parte senza avere pensiero laterale. Per me è una corista, nel senso che canta nel gruppo degli intellettuali di sinistra, incapace di assoli ma con stonature logiche importanti. Ci si potrebbe chiedere se è lei che usa il culturame Pd per accreditarsi o se è questo che la arruola per rinforzare le sue terze linee, ma la caratura del personaggio non vale la fatica di sciogliere l’arcano. Nel lungo fine settimana festivo la signora si è esibita al festival romano “Più libri Più liberi”, quello del tentato sabotaggio democratico alla casa editrice di estrema destra “Passaggio al bosco”. Recitava nello spazio Robinson, quello allestito da Repubblica per fare un po’ di propaganda rossa; non a caso tra gli ospiti c’era Zoro.

La studiosa ha dichiarato che l’avvento di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi «non è stato un cambio di governo bensì un cambio di regime». Curiosa tesi. Peccato che il collega che la intervistava per doveri di contratto non le abbia chiesto a quale regime cambiato Ponzani alludesse: Draghi, Conte, Gentiloni, Renzi, Letta, Monti? Lei avrebbe risposto Berlusconi, tanto è una storica, mica deve essere forte sull’attualità stretta. In questo regime comunque, la versione femminile del teppista del pensiero Tomaso Montanari si trova come un topo nel formaggio, libera di sdottoreggiare nel suo programma d’approfondimento Rai, a riprova che TeleMeloni imperversa.

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Da attenta storica, Ponzani ha anche diagnosticato la «fragilità attuale delle democrazie occidentali». L’anchor-profè ancora giovane ed è noto che i suoi studi si fermano al fascismo e alla Resistenza, C’è da domandarsi però se lei ritenesse la democrazia italiana più forte ai tempi delle stragi di Stato, o quando i terroristi rossi ammazzavano il presidente del Consiglio e i commissari di polizia e il capo dello Stato veniva costretto alle dimissioni su pressioni della stampa di sinistra, lievitiate su uno scandalo montato ad arte. Erano forti le democrazie che hanno assassinato i fratelli Kennedy, Olof Palme, il premier giapponese Shinzo Abe?

Messa in difficoltà da se stessa, Ponzani a Robinson ha concluso con un discorso senza capo né coda dove rimproverava a Meloni di attaccare il Quirinale nei giorni in cui si commemora l’assassinio di Piersanti Mattarella, che stando ai suoi studi sarebbe di matrice nera e non solo mafiosa. A parte che ai tempi la premier non aveva neppure compiuto i tre anni, questi non sono i giorni della commemorazione dell’omicidio del fratello del capo dello Stato, ucciso a gennaio 46 anni fa. E senza voler suggerire nulla alla storica, forse in Italia c’è ancora vivo qualcuno a cui chiedere che di quell’esecuzione ne sa più di Giorgia, perché c’era.

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Chiuso il sipario sullo spazio Robinson, si entra oggi nel vivo della settimana di Atreju, la festa di Fratelli d’Italia. Si informa Ponzani che il nuovo regime ha invitato tutti gli esponenti principali dell’opposizione, che potranno parlare liberamente; d’altronde, non è mica il festival dell’Unità. Parleranno anche esponenti e intellettuali legati a Fdi e scommetto che i loro discorsi non saranno un continuo ricordo dei crimini del comunismo, degli insulti, delle inchieste mirate e delle balle che ogni giorno vengono vomitati contro il governo. Elly Schlein non ci sarà, ma se fosse andata, nessuno le avrebbe chiesto di ripudiare le violenze pro-Pal, i deliri di Francesca Albanese o il superbonus di Giuseppe Conte; anche perché non l’avrebbe fatto.

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