Giovanni Li Volti è uno di quei professori che parla pane al pane e si fa capire da tutti. Ché poi, alla fine, l’obiettivo della scienza è proprio questo: diventare divulgativa. Insegna Biochimica all’università degli studi di Catania, Li Volti. Ed è anche il direttore del Coehar, il centro di ricerca per la riduzione del danno da fumo dello stesso ateneo catanese. Ha pubblicato più di duecento studi sull’argomento: se ce n’è uno, oggi, in mezzo alla polemica e-cigatettes sì e-cigarettes no, che può fare chiarezza è proprio lui. «Partiamo da un’evidenza», dice, «smettere di fumare è possibile. Già adesso chi vuole può rivolgersi a uno dei tanti centri anti-fumo che sono sparsi un po’ per tutto il territorio nazionale ed è la cosa migliore che può fare qualsiasi fumatore».
Lo dica a me, ho smesso talmente tante volte che ho perso il conto...
«Non fumare niente è sicuramente la scelta più consona, dobbiamo essere chiari su questo».
Certo. Dottor Li Volti, ma perché è così difficile darci un taglio, con ‘ste benedette bionde?
«È la nicotina il motivo per cui molti non smettono. Però ci si ammala per altro, per i prodotti della combustione».
Che differenza c’è tra una sigaretta elettronica e una tradizionale?
«Proprio questo. La sigaretta classica raggiunge la temperatura di sette, ottocento gradi. Infatti si parla di “fumo”. La sigaretta elettronica no, non brucia nulla».
Eppure spesso si sente l’espressione “il fumo della sigaretta elettronica”...
«È improprio. Tecnicamente si tratta di un aerosol. Ha presente quella nuvoletta bianca che esce? È generata da “pgvg” che è la sostanza in cui sono sciolti diversi liquidi. Questo, da solo, dimostra che, non contenendo prodotti di combustione, la sigaretta elettronica è meno tossica».
I suoi studi cosa dicono?
«Noi abbiamo testato questi prodotti nei laboratori dell’università di Catania e, per essere sicuri di non commettere errori procedurali o di interpretazione dei risultati, li abbiamo ripetuti in altri sette laboratori del mondo».
Urca, quali?
«In Serbia, in Grecia, negli Stati Uniti, in Russia, in Oman e in Indonesia».
Praticamente ovunque. A che risultati siete arrivati?
«Abbiamo lavorato sugli stessi prodotti e abbiamo ottenuto gli stessi esiti. Ossia che la sigaretta elettronica nei nostri modelli in vitro è il 95% meno tossica della sigaretta tradizionale».
Be’ il 95% è un dato significativo... Dove l’avete pubblicato?
«È un open access. Cioè è pubblico. Però lo abbiamo pubblicato anche sulla rivista Scientific nature che fa parte del gruppo Nature, appunto. Ha avuto numerosissime visualizzazioni e condivisioni».
Senta, ma cosa ne pensa di questa proposta che vorrebbe vietare il fumo all’aperto e pure le sigarette elettroniche?
«Comincio con una considerazione: la legge Sirchia è stata straordinaria, niente ha mai impattato così. Però, se noi adesso demonizziamo anchela sigaretta elettronica, potremmo avere l’effetto opposto».
Cioè?
«Potremmo impedire o disincentivare i fumatori a cambiare, a passare dal tradizionale all’elettronico. Questo ci porterebbe a un continuo aumento delle malattie».
Sono numeri impressionanti, vero?
«In Italia ogni anno muoiono 80mila persone a causa del fumo di sigaretta: 30mila per le malattie cardiovascolari, 35mila per i tumori dell’apparato respiratorio e gli altri 20mila per diverse cause. Sono più degli incidenti stradali».
Lei le direbbe, tutte queste cose, a una commissione parlamentare?
«Vorremmo essere ascoltati, sì, come tecnici, assieme al professor Riccardo Polosa che è il fondatore del Coehar, per portare alla conoscenza del ministro Schillaci (Sanità, ndr) o della commissione Salute la nostra esperienza. Ho paura che questa legge possa scivolare sul piano ideologico».