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Salvini e la Meloni le cantano alla sinistra

Pietro Senaldi
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Eravamo quattro amici al piano bar... che pensavano di fare l’opposizione. Dalla tragedia alla farsa, è il ritornello della sinistra italiana, che a dirigerla con la bacchetta in mano ci sia Letta, la Schlein o Conte. C’è da rimpiangere Di Maio, insomma. Lo scandalo inventato di giornata è la festa per i cinquant’anni di Salvini, in un locale del Comasco. Un ritrovo privato, organizzato da Francesca, la fidanzata del leader leghista, un centinaio di persone tra parenti e intimi e, guarda il caso per uno che ha cominciato a candidarsi quando aveva i calzoncini corti ed è finito a fare il vicepremier, tra gli ospiti ci sono tanti politici, tra cui i ministri leghisti e i capi dei partiti della coalizione di governo, Berlusconi e Meloni, con i rispettivi compagni. Si cena, si scherza e poi, come sempre, c’è un pianoforte. Il festeggiato finisce a duettare con l’ospite d’onore, la premier. Peraltro la coppia mostra doti canore non comuni per due improvvisati.

 

LE ACCUSE

Lui e lei sono intonati, si esibiscono nella Canzone di Marinella, immortale brano di Fabrizio De André, ma la sinistra non riesce a tollerarlo e stecca, inanelland una compilation di idiozie. «Non si fa festa due settimane dopo un naufragio di migranti. La premier giovedì sera non è andata a salutare i partenti delle vittime del mare e il giorno dopo ha presenziato al party del suo vice, è inadeguata.
Giorgia si è precipitata al ritrovo subito dopo aver incontrato il premier israeliano Netanyahu, anzi lo ha mollato lì come uno stoccafisso per precipitarsi in aeroporto. È una vergogna, una vergogna, una vergogna. Siamo al punto più basso delle istituzioni. Marinella era calabrese e la canzone è stata scelta apposta per oltraggiarei morti di Cutro, e poi c’è quel riferimento al fiume nel quale la ragazza scivola che è proprio una provocazione». Questo il tono, e il contenuto letterale, delle accuse deliranti. Ci mancava solo che qualcuno invitasse il duo di governo a dimettersi, tanto hanno già un altro lavoro assicurato.
Il capo d’accusa principale, secondo la sinistra, è che la festa stona se fatta due settimane dopo la tragedia, lo ripetono anche i parenti delle vittime, che sono afghani ma parlano come se fossero cresciuti in una sezione emiliana del Pd. La musica poi non va bene se ci sono i morti; o meglio, andava bene quando si crepava per Covid e la sinistra invitava tutta Italia a cantare “la vita è bella” fuori dal balcone, ma quella era propaganda, quindi politica, mica un compleanno, e allora anche il rispetto per chi è trapassato assume ben altre dimensioni.
Argomentazioni deboli? Sono i rischi che si corrono se si sceglie la via dei quotidianisti della polemica, per i quali fare opposizione inizia e finisce nel trovare ogni ventiquattr’ore un pretesto per contestare chi ti ha battuto alle elezioni. Un giorno può essere una tragedia ma il giorno successivo, se non c’è nulla di meglio, va bene anche una festa di compleanno. E chi se ne importa se critiche e attacchi concentrici della sera smentiscono la narrazione che la stampa amica faceva solo al mattino.

 

RICOSTRUZIONI

Già, perché la giornata di venerdì era iniziata con la lettura dei giornali progressisti che descrivevano un governo diviso, con Salvini che aveva sconfitto la Meloni riuscendo a far passare una linea dura nella lotta all’immigrazione clandestina e a mantenere sotto il proprio ministero le operazioni di sicurezza in mare. La maggioranza era in bilico, stando ai bene informati male informanti. E poi, che cosa ti combinano Giorgia e Matteo? Passano la serata insieme come vecchi amici con mezzo governo e spunta anche Berlusconi, sorridente e rilassato, colui che dovrebbe essere quello che non ne può più e vuole abbandonare il gruppo è invece visibilmente felice di partecipare.

Ma forse non c’è malafede nei detrattori. Loro pensano e parlano così come sono. È difficile per chi ha vinto le elezioni due volte in nome della adunata delle sinistre e per due volte si è sgambettato da solo, o per chi ha gestito il Covid meglio di nessun altro al mondo ma è stato il solo nel pianeta a mandare a casa il premier in piena pandemia, pensare che si possa guidare un partito senza desiderare ardentemente di metterlo in quel posto all’alleato alla prima occasione. Salvini e Meloni hanno una linea diversa sull’accoglienza? Silvio non la pensa come Giorgia su Zelensky? I leader dei tre partiti della maggioranza hanno idee non sovrapponibili su reddito di cittadinanza, pensioni e fisco? Apposta sono tre forze diverse e non un solo litigioso corpaccione. Più che apparire «disumani, cinici, improvvisati, spregiudicati», questi gli epiteti che la sinistra gli ha vomitato addosso, i leader del centrodestra venerdì sera hanno dato agli italiani l’impressione di reggere una coalizione destinata a durare. E forse è proprio questo che ha mandato fuori di testa l’opposizione, che quanto a spregiudicatezza e cinismo non ha da insegnare nulla a nessuno, ma nell’arte del governo e sulla compattezza tra alleati sta ricevendo una lezione che non si aspettava neppure nei suoi peggiori incubi. Solo un consiglio, ai due neomelodici, Giorgia e Matteo. La prossima volta, anziché De André, scelgano Toto Cotugno: «Lasciateci cantare... Siamo due italiani, due italiani veri». «Siamo la coppia più bella del mondo» in effetti sarebbe troppo. Anche se gli altri si stanno dispiacendo non poco.

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