Stefano Buono è uno di quegli imprenditori, anzi di quei fisici prestati all’impresa, che non stanno mai fermi. «Nella vita - dice Buono, rispondendo dall’Australia- ho acquistato, per sfizio, un paio di case, per il resto non mi è mai interessato spendere ma costruire. Ho reinvestito i soldi sempre in nuovi progetti». Il suo ultimo progetto si chiama “Newcleo” e punta sul nucleare di quarta generazione. Buono, con una laurea in fisica all’Università di Torino e una lunga esperienza al Cern al fianco del Premio Nobel Carlo Rubbia, crede nel futuro dell’atomo.
«Dopo il blackout provocato dall’incidente di Fukushima, da un paio di anni si torna a parlare di nucleare, l’unica via per produrre energia sicura, pulita ed economica. Il nucleare può accelerare il processo di decarbonizzazione, è economicamente vantaggioso e amico dell’ambiente. Non a caso alcuni Paesi, come Belgio e Svezia, che sembravano a un passo dall’abbandono dell’atomo, si sono ricreduti. Il nucleare è entrato nella tassonomia europea e sarà inserito nel Net-zero industry act, la risposta europea all’Inflation reduction act americano».
Il vicepremier Matteo Salvini ha aperto all’ipotesi di un referendum per il ritorno al nucleare.
«Giudico queste aperture molto positive. Il nucleare, oltre ad andare incontro agli obiettivi di decarbonizzazione, può contribuire alla sovranità energetica di un Paese rafforzando l’indipendenza delle nostre economie. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, ci siamo resi conto di quanto sia pericolosa l’eccessiva dipendenza dall’estero. Ho fondato Newcleo per fornire una tecnologia innovativa e pulita. Mi piacerebbe poter investire ancora di più nella “mia” Italia».
Serve un referendum?
«Sul piano giuridico non serve. Il contesto geopolitico è radicalmente mutato rispetto al 1987, così com’è cambiata la tecnologia. Il referendum, nel nostro ordinamento, è solo abrogativo, non crea nuove norme. La via maestra è il Parlamento che potrebbe imprimere un cambio di rotta. Bisogna superare l’ideologia: esiste un ambientalismo favorevole al nucleare».
Persino Greta Thunberg ha bocciato la chiusura delle centrali nucleari tedesche per scongiurare il ritorno al carbone.
«I giovani comprendono che un nucleare più sostenibile oggi è possibile, anzi ce n’è enorme bisogno per contrastare il cambiamento climatico. Soltanto chi ignora la scienza può avversare una tecnologica sicura e pulita».
Prima la “Advanced Accelerator Applications”, dedicata alla medicina nucleare, da lei fondata e ceduta a Novartis, nel 2018, per 3,9 miliardi di dollari. Oggi la Newcleo per il nucleare pulito: per tutti Stefano Buono è il fisico-imprenditore dal tocco miliardario.
«Non mi sono mai appassionato alla scienza pura, mi divertono le applicazioni. A metà degli anni Novanta al Cern, con il professore Rubbia, iniziammo a studiare una tecnologia, all’epoca usata dai sottomarini sovietici, che consisteva nel ricorso al piombo, al posto dell’acqua, per raffreddare i reattori nucleari. Grazie a diversi scambi con gli esperti russi, nel tempo le nostre conoscenze sono migliorate. Con Luciano Cinotti, ingegnere dell’Ansaldo e collaborato re di Rubbia quando il professore era alla guida dell’Enea, abbiamo fondato Newcleo che mira, da una parte, a sviluppare e costruire i mini reattori nucleari modulari di quarta generazione, dall’altra a produrre e riciclare a ciclo continuo il combustibile da scorie nucleari esistenti».
Lei parla di fissione, non fusione.
«Sempre e solo fissione. La fusione nucleare arriverà ma non è ancora industrializzata e probabilmente non lo sarà ancora per qualche decennio».
Newcleo opera anche in Italia?
«A Brasimone realizzeremo gli apparati di qualifica del reattore che sarà costruito in Francia. Quando abbiamo avviato l’attività, siamo partiti dal Regno Unito, un contesto particolarmente favorevole, a Londra sia conservatori che laburisti supportano il nucleare. Il know-how dell’azienda è soprattutto italiano e francese, perciò abbiamo creato due filiali: una italiana per disegnare i reattori e una francese per realizzare il primo reattore vero e proprio. Il presidente Macron ha annunciato tre miliardi di investimenti nei mini reattori modulari di quarta generazione (i cosiddetti small modular reactor, ndr). La Francia ha indetto una gara pubblica, noi l’abbiamo vinta».
A Versailles, in occasione del vertice “Choose France”, lei sedeva al tavolo con il presidente Macron, il patron di Tesla, Musk, il numero uno di Tata, Chandrasekaran.
«Ne sono stato onorato. Il governo francese dimostra un forte impegno nei confronti dell’industria nucleare. La Francia, come tutte le nazioni europee, deve garantire l’accesso all’energia decarbonizzata, sostenibile e circolare. Oltralpe esistono strumenti che aiutano enormemente le imprese, come il credito d’imposta che consente all’impresa di recuperare il 30% delle spese e il 50% degli ammortamenti sugli investimenti in ricerca e sviluppo. In altre parole, l’imprenditore si assume il rischio malo Stato, l’anno successivo, lo ricompensa. Il pubblico non sussidia ma premia chi investe».
E l’Italia?
«Il nostro principale obiettivo è coinvolgere l’Italia nella supply chain dei reattori puliti refrigerati a piombo. L’industria italiana già oggi è in grado di realizzarli all’estero, non in Italia perché non è consentito. Il giorno in cui le cose cambieranno, noi saremo pronti a dare il nostro contributo».