Selvaggia fa le pentole ma non i coperchi, si sarebbe tentati di dire dopo la clamorosa vicenda che si è chiusa con il tragico suicidio di Giovanna Pedretti. Selvaggia – inutile sottolinearlo – è la Lucarelli, principale artefice dell’assalto mediatico contro la titolare della pizzeria nel lodigiano. Anche se stavolta Selvaggia, nella sua cucina social, si è potuta avvelare di un aiuto cuoco d’eccezione: il suo compagno Lorenzo Biagiarelli, che per mestiere (parola grossa) si definisce “food blogger”, e che in questo caso è stato il vero protagonista dell’assedio, il più scatenato nel mettere in dubbio l’autenticità della recensione finita al centro del caso. E infatti, è stato proprio lui a chiamare al telefono la povera Giovanna, a sottoporla a una sorta di scombiccherato interrogatorio, e a fare subito dopo il giustiziere-social.
A ben vedere, tornando al dinamico duo Lucarelli-Biagiarelli, siamo davanti a una cooperativa avviatissima, mediaticamente parlando. Dell’onnipresenza multimediale di Selvaggia si sa tutto: per non far torto a nessuna piattaforma, si fa ugualmente odiare in video, su carta e sui social. Ma anche lui non scherza: ballerino con le stelle nel programma di Milly Carlucci (lo stesso in cui Selvaggia alza le iconiche palette), ma pure ospite fisso di Antonella Clerici, ancora su Raiuno, in “È sempre mezzogiorno”.
Ora, amici lettori, chiudete gli occhi. E immaginate se nell’occhio del ciclone per una storiaccia del genere ci fosse stato uno di noi di Libero, ad esempio chi scrive questo articolo o un’altra delle firme che vi sono familiari. Saremmo stati lapidati a reti e testate unificate. E non solo come singole persone (va da sé, orride e impresentabili...), ma peggio ancora come esempio e paradigma della “destra cattiva”, della “destra-destra”, del “populismo mediatico”. Si sarebbe scatenata una piccola “Piazzale Loreto 2.0”.
E invece stavolta? E invece la premiata ditta Selvaggia & Lorenzo se l’è cavata alla grande. Dicevamo che la Lucarelli fa le pentole ma non i coperchi. E che problema c’è? Il coperchio, inteso come protezione, come ombrello giornalistico, come carezza mediatica, è stato offerto da qualcun altro, in testa il Corriere della Sera.
Lungi da noi – ci mancherebbe altro – sindacare le libere scelte di ogni altra testata. Peraltro chi scrive è notoriamente garantista. E per giunta – giuridicamente parlando – sarebbe un precedente pericoloso buttare addosso a chicchessia (Lucarelli inclusa) un’accusa di istigazione al suicidio. Nel senso che può certo esserci una correlazione tra un’aggressione mediatica e un suicidio, ma ovviamente non è dimostrabile un nesso di causalità diretta. E però – sul piano morale, sul piano della coscienza di ciascuno – chi se la sentirebbe di dormire sonni tranquilli avendo scatenato uno tsunami contro una persona che, alcune ore dopo, ha scelto di farla finita? E qui si torna alla simulazione che vi proponevo: immaginate se al centro di un affare del genere ci fosse stata una firma di Libero!
Ma non perdiamo il filo e torniamo al Corriere. L’altra mattina – giorno della deflagrazione del caso – in prima pagina non c’era né il nome della Lucarelli né quello di Biagiarelli. Titolo in taglio medio: «Giovanna, il post e le ultime ore: fu sentita dai carabinieri». Nell’occhiello e nel sommario, solo un vago riferimento ai social (“massacro sui social”) citando la figlia di Giovanna, che però aveva esplicitamente evocato la Lucarelli. E già questa colpevolizzazione generica dei social suona strana. Ma come? Qui il guaio l’hanno innescato Selvaggia & Lorenzo, mica Musk & Zuckerberg. Ma lasciamo perdere. Trasferiamoci all’interno, pagine 16 e 17, quindi molto in là nella foliazione. I pezzi di cronaca sono corretti e completi, ma – al tempo stesso – la costruzione delle pagine appare impressionante come colpo d’occhio: Lucarelli e Biagiarelli compaiono in una foto piccolissima, direi minuscola, con la seguente didascalia neutra e iperprotettiva: «Selvaggia Lucarelli e il compagno Lorenzo Biagiarelli: suoi i primi dubbi sul caso». Capito? I “dubbi”, mica l’assalto.
Ma è ancora niente rispetto al giorno dopo, cioè ieri. In prima pagina, sempre nel taglio medio, sotto un titolo incomprensibile e quasi colpevolizzante verso la vittima (“La ristoratrice e l’interrogatorio, quei “non so” sulla recensione”), il riferimento alla Lucarelli c’è ma solo per evidenziarne l’appassionata arringa a favore del cuoco: «Intanto Selvaggia Lucarelli difende il compagno Lorenzo Biagiarelli: “È l’unico ad avere detto la verità”». E la quasi-santità di Biagiarelli esplode in tutta la sua luminosità a pagina 21. Titolone: «Lucarelli difende il compagno: “Il suicidio non ha una sola causa”». A seguire, un ritrattone cinematografico di Biagiarelli stesso: «Rockstar mancata: “Grazie a lei la cucina è diventata il mio lavoro”». E giù l’elenco dei miracoli mediatici del 34enne, corredati da una foto piacionissima dei due. Solo in una colonnina stretta stretta, magra magra, schiacciatissima, laterale, compare un commento assai condivisibile e onestamente critico verso la coppia firmato da Candida Morvillo (“Meglio frenare il proprio ego e aprirsi alla pietà”).
Ottimo, ma – in due giorni – è davvero il minimo sindacale rispetto a un trattamento in guanti bianchi offerto dal primo quotidiano italiano. Roba da far ingelosire Marco Travaglio, che, sul suo Fatto, ha comunque liricamente tessuto le lodi della Lucarelli, praticamente una via di mezzo tra Santa Maria Goretti e Madre Teresa di Calcutta, par di capire. Mentre i puzzoni – questo si sa – siamo noi di Libero. Chiaro, no?