Pandemie, cataclismi, crisi economiche, recessioni. Quando le cose si mettono male partite Iva e imprenditori, artigiani e professionisti, quelli sporchi, brutti e cattivi, evasori seriali e sfruttatori di manodopera in nero, smettono di fatturare. E se le spalle non sono sufficientemente larghe finiscono in bancarotta. Stesso discorso per i dipendenti privati. C’è la crisi dell’automotive? Tutti in cassa integrazione, se va bene. C’è la delocalizzazione della multinazionale? Tutti in mezzo alla strada, con la speranza di beccare un sussidio nell’attesa, che può essere assai lunga o anche non avere mai fine, di rimettersi in gioco. Ecco, avete mai sentito di un dipendente pubblico finito in Cig, di un funzionario dello Stato che abbia perso il lavoro o il proprio reddito per una crisi congiunturale o per colpa del Covid?
Intendiamoci, molti statali non se la passano bene. Nel settore della scuola e delle forze dell’ordine, ad esempio gli stipendi sono del tutto slegati dall’importanza del ruolo ricoperto nella società e dai sacrifici compiuti nel lavoro svolto. Nella sanità le paghe sono così basse che chi può scappa all’estero. E nelle amministrazioni pubbliche c’è da chiedersi se dietro alle inefficienze dei nostri apparati burocratici non ci sia anche il problema di retribuzioni non adeguate. Resta il fatto che gli statali, che piova o tiri vento, restano sempre al riparo. E che accanto a chi si sbatte, rischia e ci mette l’anima, c’è anche chi, diciamo così, non si interessa più di tanto del risultato. Anche perché ogni governo annuncia nuovi e più stringenti criteri di valutazione delle performance, ma alla fine i premi di produzione sono quasi sempre distribuiti a pioggia e gli avanzamenti di carriera arrivano comunque. In barba alla meritocrazia, ai criteri di misurazione delle performance individuali e alla premialità per chi è più capace o si rimbocca di più le maniche.
Ecco perché immaginiamo che qualcuno, come ad esempio gli artigiani che hanno dovuto chiudere bottega o gli operai che sono in cassa integrazione, a leggere le ultime bozze di rinnovo contrattuale per i dipendenti pubblici abbia fatto un bel salto sulla sedia. Settimana lavorativa di 4 giorni, buoni pasto a chi sta in smart working e aumenti generosi sono alcune delle proposte contenute nella proposta che l’Aran, la controparte datoriale del pubblico impiego, discuterà in questi giorni con le sigle sindacali. Il contratto, peraltro, non riguarda tutti gli statali, ma solo alcuni di essi. E non si tratta proprio di quelli più sfortunati. Anzi. L’accordo in discussione è quello relativo al rinnovo dell’accordo 2022-2024 per i circa 200mila lavoratori che rientrano nelle funzioni centrali, ovvero i dipendenti di ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici economici come Inps, Inail, Agid e Enac. La novità più rilevante, come hanno riportato ieri Il Messaggero e Il Sole 24 Ore, è l’introduzione della settimana lavorativa corta di 4 giorni. La possibilità di applicarla, sempre su 36 ore lavorate, sarà a discrezione delle singole amministrazioni. Servirà a rendere più snella, efficiente e produttiva la pubblica amministrazione? Staremo a vedere.
Ma di innovazioni ce ne sono altre. A partire da quelle che riguardano il lavoro agile. Nella nuova bozza del contratto per i dipendenti pubblici delle funzioni centrali, infatti, è previsto il pagamento dei buoni pasto anche per i lavoratori in smart working. Una misura pensata per evitare discriminazioni tra le amministrazioni dello Stato, visto che attualmente la presidenza del Consiglio dei ministri paga già i buoni pasto ai dipendenti che lavorano da casa mentre molti ministeri o enti non riconoscono il ticket nelle giornate lavorate da remoto. L’operazione, come spiega Il Sole 24 Ore, sancirebbe la fine del telelavoro. Il lavoro agile, articolato in una «fascia di contattabilità» non superiore all’orario medio di lavoro e «una fascia di inoperabilità» per garantire il diritto al disconnessione, sarà equiparato all’attività in presenza senza però trasferire a distanza tutti gli obblighi dell’ufficio. Insomma, una pacchia.
In aggiunta, arriveranno anche gli aumenti retributivi. Per gli assistenti l’aumento potrebbe essere di 121,4 euro lordi, mentre per i “super funzionari” si parla di un incremento di 193,9 euro. I funzionari normali, invece, potrebbero trovare in busta paga 155 euro lordi in più. Per tutti i dipendenti pubblici inclusi nel rinnovo è previsto il pagamento di arretrati per un valore di circa mille euro lordi. Per aiutare dipendenti privati e autonomi a digerire la notizia va, però, sottolineato che il tentativo dell’Aran è quello di isolare il fronte barricadero di Cgil e Uil, che vorrebbero trattamenti ancora più generosi e slegati dalla realtà del mondo del lavoro. Per questo sono state accolte alcune richieste di Confsal-Unsa e Flp, i quali con l’appoggio della Cisl, potrebbero raggiungere la maggioranza dei consensi e approvare l’accordo. In altre parole, poteva anche andare peggio.